I perdigiorno della gnagnera, che accettano la catena della trattazione ricreativa della vita, dovrebbero astenersi dal fare crociate contro l’utero in affitto. Storia di un’ipocrisia anticoncezionista, antinativista ed eugenetica

I finti paladini del corpo delle donne




E’ difficile essere sempre d’accordo con le proprie idee, qualche volta l’operazione riesce. L’utero in affitto non va bene, delegittima l’umano nella filiazione, nella maternità biologica, nella paternità onanistica, nella concezione in vitro o tecnica (scusate se è poco). Qualcosa vorrà dire, perché l’ho scritto, e non sono il solo a pensarlo. Ma non direi questa sciocchezza se non ne pensassi anche altre: che gli anticoncezionali non sono una bandiera e che non devono essere il primo passo dell’educazione alla sessualità (parola vagamente ripugnante) nelle scuole, che l’aborto come anticoncezionale ordinario o come diritto umano femminile è una pena di morte senza processo e una procedura liberante sopra tutto per i maschi, che il divorzio moltiplica il matrimonio per enne volte e lo distrugge per sempre senza negarlo (il contrario del matrimonio è il non matrimonio, non il divorzio), che la fecondazione artificiale va bene forse per le mucche Simmenthal ma non per i bambini, che l’eugenetica oggi in pieno dispiegamento fa strage di libertà e di diversità eccetera.

Quasi tutti coloro che si agitano contro l’utero in affitto non suffragano anche con questi argomenti o similari la loro posizione. Se ne guardano bene, non pensano queste cose, nemmeno sono sfiorati da un dubbio problematico nel merito di ciò che eventualmente significhino. Quasi tutti dicono che non va bene l’aspetto di contratto commerciale della cosa (giusto), la schiavizzazione della donna (giusto), l’esperimento egoistico fatto con l’uso strumentale del suo corpo (giusto), il corpo femminile sfruttato e ridotto a sfornare una merce per altri, i committenti (giusto). Ma nessuno fa lo sforzo di capire una cosa evidente, che l’utero in affitto è l’ultimo approdo di una galoppata nell’indicibile, cioè nel fattibile tecnico diventato diritto, dunque moralmente ammissibile. Questi quasi tutti sanno benissimo che la teoria del piano inclinato è impeccabile, perché se apri la porta alla famiglia senza il crisma del matrimonio e dell’amore unitivo e procreativo, inevitabilmente ti ritrovi, dati i progressi della bioingegneria, di fronte al problema della fabbrica dei bambini. Dove si può, come si può: dunque con il contributo decisivo, a favore di gay maschi nei casi di coppie omosessuali, di una donna oggettivata e deresponsabilizzata nella sua corporeità, come soggetto contrattuale neutro di fronte alla natività umana o filiazione, parodie dell’Incarnazione e della sua altissima metafora carnale e spirituale.

Invito dunque coloro, tutti, che hanno dubbi razionali sul mondo come va organizzandosi, ad argomentare serenamente la loro posizione critica verso l’utero in affitto. Invece i perdigiorno del progressismo e della gnagnera, che assumono come normale tutta la catena della trattazione ricreativa della vita, e con motivazioni ideologiche parafemministe vuote di significato, dovrebbero astenersi dal fare crociate contro l’utero in affitto con schietta ipocrisia anticoncezionista, antinativista, abortista, scientista ed eugenetica. Non si può difendere il corpo delle donne solo l’8 marzo, giornata infaustamente passata tra le chiacchiere. D’altra parte, norme o no, ci penseranno i giudici a trattare come diritto positivo un fenomeno che non ha nulla a che fare con le leggi e tutto a che fare con l’etica dei criteri non negoziabili di comportamento e di vita.

di Giuliano Ferrara

Fonte: http://www.ilfoglio.it

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