Gli aeroplani dell’amore di Toto Cutugno




“Che ne sai quando parlo alla luna, quando cade una stella ?”

Nella canzone “Azzurra malinconia” presentata al Festival di Sanremo del 1986, Toto (Salvatore) Cutugno poneva alcuni interrogativi sul suo passato: «Che ne sai quando parlo alla luna, quando cade una stella? Che ne sai se mi manca il calore di quell’osteria? Questa azzurra malinconia solo tu mandi via». Il cantautore e conduttore televisivo divenuto popolare negli anni ’80 (con all’attivo oltre 100 milioni di copie di dischi venduti) era apparso a Sanremo già nel 1976 con il gruppo degli Albatros, presentando una canzone, “Volo AZ504”, il cui tema del volo, del cielo sarà ricorrente in tanti altri suoi brani collegati all’amore romantico tra un uomo e una donna, come espresso in “Gli aeroplani” del 2010: «Amor mio, stringimi forte le mani e voleremo come aeroplani verso l’alto più su dove il cielo sei tu, oltre le nuvole». Paroliere di successo, basti pensare alla famosa “Soli” interpretata da Adriano Celentano, a “Io amo” cantata da Fausto Leali o ancora “Olympic Games”, portata al successo nel 1980 da Miguel Bosé, nello stesso anno 1980 Toto Cutugno vinse l’edizione di Sanremo con “Solo noi”, una delle sue canzoni più accattivanti e musicalmente riuscite: «Se non è amore, dimmelo tu cos’è (…) solo noi, solo noi».
Al nome di Toto Cutugno l’immaginario collettivo ha sempre collegato il brano “L’italiano”, che lo ha reso molto celebre con quell’inizio dirompente e libertario, orgoglioso dell’appartenenza al popolo italico: «Lasciatemi cantare con la chitarra in mano, lasciatemi cantare sono l’italiano. Lasciatemi cantare perché ne sono fiero, sono un italiano, un italiano vero». Ai temi classici romantici, tipici della buona tradizione della musica leggera italiana, ha alternato i ricordi del passato, facendolo somigliare ad esempio all’Adriano Celentano del “Ragazzo della Via Gluck”. Nella sua esplicita canzone “Voglio andare a vivere in campagna”, presentata al Festival di Sanremo del 1995, Toto Cutugno così esprimeva il suo sentimento nostalgico: «Voglio la rugiada che mi bagna ma vivo qui in città e non mi piace più. In questo traffico bestiale la solitudine ti assale e ti butta giù, che bella la mia gioventù. Voglio ritornare alla campagna, voglio zappar la terra e fare legna (…). Io che sono nato in campagna ricordo nonno Silvio e la vendemmia…». Da buon italiano, il cui padre, di origine siciliana, lo iniziò alla musica, Toto Cutugno ha espresso, oltre al sentimento patriottico, anche quello per la famiglia, dedicando sia ai figli che alle mamme alcuni brani, presentati a Sanremo rispettivamente nel 1987 e nel 1989: «Due braccia grandi per abbandonarmi dentro se la notte avevo un po’ paura (…). Aveva mille modi buoni per svegliarmi quando non volevo andare a scuola e mi chiedevo, mentre le guardavo i piedi, questo angelo perché non vola. Le mamme sognano, invecchiano, le mamme si amano ma ti amano di più».
Autore di sigle televisive di successo, dal “Scommettiamo?” di Mike Bongiorno a “Domenica in”, Toto Cutugno ha saputo interpretare i gusti dell’italiano medio, facendo spesso delle carrellate un po’ ironiche miste a un temperato buon senso: «C’è chi sogna di sfondare in politica, c’è chi invece in ogni cosa fa polemica; c’è chi guarda tutto il giorno la TV, c’è chi di pubblicità non ne può più (…) ma se vai a cercar fortuna in America, ti accorgi che l’America sta qua». Cantando si impara con Toto Cutugno a cantare l’amore semplice, naturale come nella “Serenata” presentata al Festival di Sanremo del 1984: «Affacciati alla finestra bella mia, ti invento una canzone e una poesia e metti il vestito più bello e andiamo via». Anche nel brano “Emozioni” del 1988, Toto Cutugno ha saputo cogliere e trasmettere quei sentimenti popolari che lo hanno reso famoso: «Emozioni, una vita che scivola via, l’inventario dei miei giorni migliori per un cuore gonfio di poesia. Delusioni, sono quelle che ti uccidono dentro per un uomo come me (…). Emozioni, in quella chiesa di periferia, come eri bella vestita di bianco, come eri mia». Fino a qui il Toto Cutugno degli aeroplani dell’amore, popolare, orgoglioso della tradizione del Bel Paese e dei sani costumi di sapore antico. C’è però un Cutugno vincitore nel 1990 dell’Eurovision Song Contest con “Insieme:1992” che tradisce l’anima popolare per un inno ad un’Europa sempre più scristianizzata: «Sempre più liberi noi, non è più un sogno e non sei più da solo, sempre più in alto noi, dammi una mano che prendiamo il volo. L’Europa non è lontana…”. Cantando si impara con Toto Cutugno e con un po’ di amarezza anche questo.

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