Germania: porte aperte agli immigrati, i tedeschi se ne vanno




Un ipertrofico senso di accoglienza che in Germania sembra ancora dominante, imposto, presumibilmente, da motivazioni economiche e demografiche, ha spinto lo scrittore e drammaturgo Botho Strauss a sentirsi “l’ultimo tedesco” in patria. “Talvolta ho l’impressione di essere fra tedeschi solo quando mi trovo in mezzo ai nostri antenati”, ha scritto Strauss sullo Spiegel. Il riferimento dello scrittore è ai grandi della letteratura tedesca, destinati anche loro a liquefarsi nelle spire della società multiculturale.

La scorsa primavera, il nuovo rapporto annuale del Consiglio degli esperti delle Fondazioni tedesche in materia di integrazione e migrazione aveva annunciato che l’islam, oggi, ha assunto un peso di grande rilevanza nella società tedesca. E se per qualcuno questo significa che la Germania è un paese civile, i tedeschi sono i primi a dissentire con amarezza. Molti cittadini della Germania sono pronti a lasciare definitivamente la loro patria, perché  l’immigrazione di massa, e la conseguente radicalizzazione dell’islam, la stanno rendendo irriconoscibile.

L’istituto statistico tedesco Destatis ha certificato che 138mila tedeschi hanno lasciato la Germania nel 2015. Nel 2016 potrebbero essere anche di più. E Die Welt afferma che a lasciare la Germania sono soprattutto tedeschi con un livello di istruzione elevato. Le statistiche ovviamente non spiegano il motivo di questa emigrazione, ma sono proprio questi dati, nella loro cruda concretezza, a denunciarlo. Molti tedeschi stanno prendendo coscienza del costo anzitutto sociale e culturale, e poi finanziario, della politica della “porta aperta” inaugurata tempo fa dalla cancelliera Merkel.

Oggi è il senso di sicurezza a latitare in Germania. L’epidemia di stupri, le aggressioni sessuali, i comportamenti criminali, sono la condanna quotidiana per un popolo sottoposto a una sorta di accanimento terapeutico, fatto di moralizzazione dei costumi e buonismo sciapo. Così, i tedeschi sembrano aver perso la speranza in un cambio di direzione del Paese.

Quando nell’ottobre del 2015 quasi un migliaio di abitanti della cittadina di Lohfelden – distretto di Kassel – si radunarono per protestare contro l’apertura imposta dal governo di centri di accoglienza per migranti, la risposta del presidente del distretto fu “chi è contrario alla politica migratoria di Berlino, è libero di andarsene dalla Germania in qualsiasi momento”. L’episodio trovò larga eco, nell’ottobre di un anno dopo, in un articolo apparso sull’Huffington Post Deutschland (poi cancellato) firmato da un migrante siriano di 18 anni.

Il giovane, stufo dei giudizi taglienti dati da tanti tedeschi sulla emergenza migratoria, disse: “Se la Germania non vi va bene, perché vivete qui? Perché non ve ne andate in un altro paese? Ma se questo è il vostro paese, cari cittadini arrabbiati (wutbürger), comportatevi normalmente. Altrimenti, lasciate la Germania e cercatevi una nuova patria. Andate in America da Donald Trump, vi amerà molto. Siamo stufi di voi!”.

Non certo per obbedire al ragazzino siriano, fatto sta che molti tedeschi si stanno o si sono già trasferiti all’estero, sempre più spesso in Ungheria, come ha riportato anche la rivista Focus a maggio. Un agente immobiliare di una località turistica magiara ha fatto sapere che otto tedeschi su dieci, che si trasferiscono lì dalla Germania, individuano nella crisi migratoria in atto nel loro paese la ragione della loro scelta. Un cittadino tedesco che preferisce conservare l’anonimato e che ha lasciato la Germania di recente ha scritto una Lettera aperta al governo tedesco, pubblicata sul sito web Politically Incorrect.

“Ho lasciato la Germania qualche mese fa. La mia decisione non è stata dettata da motivi economici, ma soprattutto dal mio disappunto per le attuali condizioni politiche e sociali esistenti nella mia nazione”, scrive l’anonimo. “Penso che l’islam non faccia parte della Germania. Lo considero come un’entità estranea che ha portato in Occidente più problemi che benefici. Penso che le strade tedesche siano meno sicure di quello che dovrebbero essere”. E ancora: “Penso che l’immigrazione stia producendo importanti e irreversibili cambiamenti nella società tedesca. Sono arrabbiato perché questo sta accadendo senza la diretta approvazione dei cittadini.

“Penso che i media tedeschi rinuncino sempre più alla loro neutralità e che la libertà di espressione in questo paese venga esercitata solo in modo limitato”, conclude l’uomo. “Penso che sia vergognoso che in Germania gli ebrei debbano avere ancora paura di essere ebrei”.

Qualche giorno fa il quotidiano di Monaco ha pubblicato l’ennesima “missiva di addio” alla Germania, questa volta scritta da una mamma. La donna, che ci tiene a sottolineare di non vivere nelle zone più problematiche del paese dal punto di vista della integrazione, in più occasioni, ha frequentato eventi organizzati dal Comune di Monaco. Si è trovata circondata da donne con il capo coperto, e uno degli organizzatori dell’evento ha voluto informarla che avrebbe “avuto difficoltà ad integrasi” (lei!). In effetti, i panini al salame e prosciutto che aveva portato con sé per la colazione (come era stato chiesto) le hanno reso le cose ancor più complicate.

Esortata poi a non inserire nel cestino del pranzo dei figli pietanze a base di maiale, si è sentita davvero poco benvenuta nel suo Paese. “Mio marito a volte dice che ha l’impressione che facciamo parte della più grande minoranza senza lobby”, dice la donna. Come darle torto. Una iniezione sottocutanea così violenta di sharia, i tedeschi certo non se la sarebbero mai aspettata.

di Lorenza Formicola

Fonte: https://www.loccidentale.it

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