Geografia delle nuove battaglie culturali: metropoli contro provincia




Il dato non è nuovo, di per sé, ma la tendenza a Est è una delle cose che risaltano senz’altro agli occhi di più ultimamente: ci riferiamo alla distanza spirituale che si registra con sempre maggiore frequenza tra le capitali mitteleuropee, e anche alcune delle altre importanti metropoli sul Danubio, e il resto dell’entroterra più profondo. Una distanza che abbiamo percepito anche a Occidente tempo fa e che ancora in parte stiamo vivendo se pensiamo anche a quel simbolo dell’Occidente che sono dopotutto gli Stati Uniti d’America, dove pure – per gli eccessi di una Las Vegas o una Los Angeles – ci sono intere regioni, nel Midwest, o nella cosiddetta South Belt, ad esempio, che vivono all’esatto punto opposto, alimentando di fatto l’anima religiosa a stelle e strisce. Quello che colpisce, per venire alle nostre cose, è ora il ‘caso polacco’, da sempre considerato come chiave di volta della ‘differente anima mitteleuropea’ rispetto allo stato di secolarizzazione più avanzato in genere dei Paesi latini. A fronte di dati incoraggianti che permangono sulla Polonia nel suo insieme, infatti, emergono anche – inaspettati – segnali in contro-tendenza, dove per contro-tendenza s’intende qui quella che da noi è piuttosto la tendenza dominante. Abbiamo visto così, soprattutto nell’ambito della cultura e nei mass-media, una serie di episodi e di manifestazioni che hanno sorpreso non poco chi lega (e legava) ancora identità nazionale, costume sociale e sentimento religioso e questo particolarmente nelle grandi città, a cominciare da Varsavia. E’ come se, più che dopo la caduta del Muro, negli anni Novanta, la vera svolta secolarizzante rivoluzionaria sia arrivata ora nelle grandi città, cosicché si assiste a quei fenomeni che contraddistinguono tipicamente l’affermazione del materialismo pratico negli stili di vita tanto individuali quanto collettivi. Il fenomeno che ha destato più preoccupazione, da questo punto di vista, è stata la recente entrata in Parlamento del partito anticlericale, su cui – nel Paese – nessuno avrebbe, logicamente, scommesso un euro. Per capire di che cosa stiamo parlando basti pensare che il programma del partito vede al primo punto la secolarizzazione compiuta della Nazione, con abolizione di feste e simboli religiosi che ancora ci sono, al secondo l’espulsione di ogni riferimento al Cristianesimo nella scuola e nelle istituzioni educative in genere, al terzo la ‘liberalizzazione’ delle cosiddette tecniche biomediche e così via. Insomma, una sorta di anti-Compendio ufficiale della Dottrina sociale a tutti gli effetti, rinnegato e rovesciato, se volete. Beninteso, il partito non vanta che una manciata di seggi al Sejm ma il solo ingresso nella massima assemblea legislativa, proprio nella terra di Karol Wojtyla, ha lasciato stupefatti parecchi osservatori. Anche perché, d’altra parte, come si accennava, il termometro spirituale della provincia e delle campagne in genere continua invece a far registrare vocazioni religiose, missioni e iniziative di evangelizzazione popolare di assoluto successo.
E’ così che su qualche giornale si è iniziato a scrivere di una guerra civile sotterranea che sta avendo luogo in tutto il Paese sull’identità nazionale polacca e che non riguarda solo la religione ovviamente, anche se questa svolge un ruolo di primo piano. In gioco c’è anche l’idea di progresso (come lo si definisce se l’etica viene progressivamente privatizzata e svuotata di senso?) e il significato della memoria (chi, o che cosa, custodisce le radici della storia polacca? ed esistono delle radici distintive, più correttamente parlando?) mentre alcuni vedono già che quello che potrebbe essere in discussione un domani, se nulla cambierà, sarà nientedimeno che il patto di cittadinanza in quanto tale. Se infatti tutte queste domande verranno lasciate inevase, come peraltro vuole una certa idea forte della secolarizzazione più radicale, è chiaro che la cosa che verrà più danneggiata sarà proprio la coesione sociale: la scuola, le istituzioni rappresentative, persino la bandiera nazionale potrebbero allora essere percepite come ostili e avverse da…quegli stessi polacchi – che per ora sono ancora maggioranza – che non si riconoscerebbero più nel nuovo assetto dominante. E se pensate che la Polonia sia la sola a vivere questa situazione paradossale potete chiedere dalle parti di Zagabria, o di Budapest, se il panorama sia poi tanto diverso di questi tempi, oppure no. E’ noto quanto Giovanni Paolo II fosse persuaso che la resistenza cristiana più forte alla secolarizzazione nel XXI secolo sarebbe venuta dai Paesi dell’Est del Continente, e non dell’Ovest, che pure vantava più antiche tradizioni spirituali. Ora si vede però che non c’è un solo ‘Est’, o almeno ce n’è anche un altro, oltre a quello più storico e identitario, che non si vede rappresentato nelle pagine della storia patria, anzi nutre un certo fastidio per la stessa nozione di storia, e vuole che la propria Patria sia un’altra cosa rispetto a quello che è sempre stata. E’ una battaglia quotidiana che non tutti vedono e a che a molti sfugge, ma esiste eccome e va avanti. Non sappiamo se sarà realmente una guerra civile, come qualcuno dei più avvertiti ha scritto. Speriamo di no. Ma oseremmo dire che sarà dall’esito ultimo di questo confronto che si sta giocando soprattutto sulla pelle delle nuove generazioni che si vedrà – forse più di qualsiasi altra disputa pubblica sui massimi sistemi, culturale o civile che sia – di che pasta sarà fatta non solamente la classe dirigente di una parte da tempo significativa dell’area mitteleuropea ma tutta quanta l’Europa di domani.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *