Frau Merkel, l’ultima politica del Novecento




In  pochi l’hanno notato ma nell’epoca del pensiero liquido in cui tutto è sempre più relativo, improvvisato ed effimero – anche e soprattutto in quello specchio parlante della società civile che è la politica rappresentativa al suo massimo livello – resta forse una delle figure più controcorrente che si possano immaginare, in un certo senso: stiamo parlando della statista più influente e potente d’Europa, lei naturalmente, Frau Angela Dorothea Merkel, che ormai la Storia personalmente la sta facendo per davvero. La Lady di ferro della Mitteleuropa, al terzo mandato consecutivo in Patria, ha infatti da poco annunciato di volersi ricandidare anche alle prossime elezioni politiche in programa in autunno, per svolgere il quarto mandato di fila: e se non sarebbe già solo questo un primato incredibile, con i tempi che corrono. Ma in effetti, anche solo a ripercorrere per sommi capi la biografia della Cancelliera più temuta del Vecchio Continente si entra in un mondo che è – a tutti gli effetti – quello ‘duro ed esigente’ del Novecento. Figlia di un pastore luterano, in un’epoca in cui la formazione religiosa era ancora una cosa seria in Germania, Merkel è cresciuta infatti nell’era della Guerra Fredda conoscendo sulla sua pelle il dramma delle due Repubbliche tedesche contrapposte, e conoscendolo talmente bene che fu proprio nell’ex DDR che ebbe il suo ‘battesimo’ di fuoco politico, mentre una pagina della storia nazionale stava per chiudersi definitivamente, anche se nessuno allora – e nemmeno lei, forse – immaginava che il corso degli eventi sarebbe stato poi così rapido. Distintasi in età precocissima per la sua intelligenza pratica nella lettura delle principali questioni sociali del tempo, l’enfant prodige di Amburgo entrò in men che non si dica nelle grazie dell’uomo più autorevole che la scuola politica tedesca formò dagli anni Sessanta ad oggi, ovvero Helmut Kohl: leader indiscusso della CDU/CSU, capo del Governo dell’allora Germania Ovest e soprattutto gran tessitore della Riunificazione nazionale. Così, dopo i primi incarichi governativi di poco rilievo – con deleghe all’ambiente e alla gioventù – Frau Merkel riuscì progressivamente a imporsi all’attenzione dell’opinione pubblica tedesca come la fidata, e affidabile, discepola-stratega di Kohl tanto da guadagnarsi le prime copertine in tempi insospettabili. Beninteso, se le meritava, o comunque ha fatto il possibile per ottenerle. Così, in pochissimo tempo si è arrivati al primo mandato popolare al Bundestag, poi al secondo, e ora al terzo, mentre gli avversari di un tempo sono spariti dalla scena uno dopo l’altro (qualcuno si ricorda più di Gerhard Schroeder?). Si può dire che le sue fortune siano state inversamente proporzionali: tanto grandi in Patria quanto odiate all’estero al punto che il suo nome – soprattutto negli ultimi anni, per la verità, dopo lo scoppio della crisi economico-finanziaria globale – sia diventato ovunque sinonimo di ‘austerità’, ‘rigore finanziario’, ‘tagli’ e cose del genere, tutte ben poco piacevoli. Addirittura si è arrivati al punto che alcune recenti campagne elettorali – in alcuni Paesi europei – si siano ‘giocate’ realmente su di lei con i vari candidati, da sinistra al centro a destra, a dire che – se avessero vinto loro – finalmente questo o quel Paese si sarebbe fatto rispettare persino dalla Merkel. Come a dire, finora non c’è riuscito ancora nessuno. Ora, la cosa a pensarci bene è oggettivamente straordinaria culturalmente e politicamente, perché nemmeno Bush o Obama sono riusciti a incutere mai un simile timore reverenziale. Con una delle sue solite uscite estemporanee, anche il nostro Vittorio Sgarbi lo riconobbe tempo fa quando disse che bisognava votare qualcuno in grado di sostenere poi in Europa lo sguardo fulminante di Frau Merkel, da pari a pari, senza imbarazzi e balbettii.  Ovviamente, non vogliamo con queste considerazioni sostenere che la Cancelliera federale sia la figura politica ideale del nostro orizzonte ma solo che i motivi di cui sopra sono proprio quelli che contribuiscono tuttora al suo successo indiscusso a Berlino: un successo che non è solo frutto delle manovre (comunque riuscite, ora più ora meno) di politica economica interna ma proprio di questa fama globale, costruita anno dopo anno sulle sue capacità, di autorevolezza indiscussa. Dopotutto, gli stessi che la criticano dall’esterno, o addirittura la odiano, sono gli stessi che – se solo fosse possibile – la voterebbero a occhi chiusi in Patria loro, se solo potessero. Perché si sa, che se la Merkel fosse austriaca, svizzera o spagnola (non citiamo per ovvi motivi l’Italia)…beh, allora sì che l’Austria, la Svizzera e la Spagna sarebbero finalmente temute e rispettate ovunque nel mondo. Il che, se non andiamo errati, così a occhio è proprio quello che fa di un politico – di solito – uno statista serio, di nome e di fatto, e non una banderuola, un faccendiere o un azzeccagarbugli qualsiasi liberamente interscambiabile con un altro senza che alcuno in giro se ne accorga.

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