Nel giorno del lavoro, l'Arcivescovo Crepaldi chiede: “come abbiamo custodito e promosso la dignità umana nei lavoratori, nella nostra città, spesso così incline a una loquacità inconcludente o a una rissosità paralizzante?”.

Evitare un declino doloroso e triste




Le parole pronunciate dall’Arcivescovo Crepaldi all’omelia della Santa Messa per il mondo del lavoro pronunciata il 1 maggio nella chiesa di San Antonio Taumaturgo hanno certamente suonato anche come un esame di coscienza per la città su un tema così importante e vitale. Certamente sono state un richiamo per tutti coloro che hanno ruoli di responsabilità pubblica, istituzionale, politica, civile, economica.

Il Vescovo si è chiesto ed ha chiesto: “come abbiamo custodito e promosso la dignità umana nei lavoratori, nella nostra città, spesso così incline a una loquacità inconcludente o a una rissosità paralizzante?”. Le due espressioni “loquacità inconcludente” e “rissosità paralizzante” sono fortemente espressive di un modo di essere di Trieste che non fa il bene di nessuno. E quasi sempre la loquacità concerne la rissosità, le due si alimentano in un circolo vizioso dopo il quale non rimane nulla: inconcludente. “E’ la questione lavoro che va posta al primo posto e non altre questioni, spesso fasulle”, ha anche detto il Vescovo. Sentendo questa frase la mia mente è andata subito alla questione della delibera sulle DAT, problema fasullo, inventato di sana pianta, ma che intanto ha tolto risorse per affrontare altri problemi.

Le famiglie insicure, i giovani che non trovano lavoro, la grave crisi del settore artigianale e del commercio … queste le priorità segnalate dal Vescovo e davanti alle quali egli ha chiesto “a tutti un grande sforzo di sapienza politica, amministrativa, economica”. Trieste è una città che manca di sapienza e, come sappiamo, la sapienza consiste nel guidare la vita alla luce di grandi principi dell’esistenza e guidati dai fini ultimi: in questo caso si tratta del valore unico della persona del lavoratore e della sua famiglia.

Ci sono da vincere egoismi e corporativismi –  ha aggiunto il Vescovo – “perché la nostra città diventi di nuovo e sempre più una città del lavoro libero, dell’impresa e della partecipazione e non una città destinata a un declino doloroso e triste”.

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