Europa, torna il cattolico politico




In un Paese come la Gran Bretagna, dove i cattolici (anagrafici) non raggiungono il 10 per cento della popolazione, un partito nazionale come l’Uk Independence Party, l’Ukip di Nigel Farage, ha appena eletto a larga maggioranza come suo nuovo leader l’europarlamentare Paul Nuttall, cattolico e dichiaratamente pro-life, ossia anti-abortista. L’anno scorso Nuttall, non aveva esitato a dichiarare in un’intervista a The Tablet: “Che si tratti del «gender», dell’aborto o del matrimonio tra persone dello stesso sesso noi siamo al cento per cento assolutamente dalla parte della Chiesa cattolica”.  Non si ricorda sin qui una presa di posizione altrettanto esplicita e inequivocabile da parte di alcun politico di antica o nuova militanza democristiana, nemmeno in Paesi dove il cosiddetto voto cattolico era o è ancora decisivo.

In questi stessi giorni in Francia – dove i cattolici anagrafici sono circa il 77 per cento, ma quelli praticanti sono ben pochi – il voto alle primarie di alcuni milioni di elettori ha portato al vertice di un partito nazionale un altro cattolico esplicito, François Fillon. E in questo caso si tratta anche di un molto probabile vincitore delle prossime elezioni presidenziali. D’altra parte pure in Islanda, dove i cattolici sono una minoranza quanto mai esigua, l’”outsider” inaspettatamente uscito vincitore delle recenti elezioni presidenziali è di origine cattolica, anche se adesso si dichiara “laico”.

La ricomparsa di leader cattolici sulla scena politica europea rientra senza dubbio nell’ambito di quel diffuso moto di risentimento anti-giacobino di cui dicevamo, ma non ne costituisce affatto una semplice variante. All’interno dell’area a grandi linee definibile come liberale, il baricentro sembra stia spostandosi dall’ala laica a quella cattolica. Sia per la rilevanza obiettiva che per il contesto risulta particolarmente significativo il caso di François Fillon, scelto come leader e candidato presidenziale dell’ Union pour un mouvement populaire, UMP, il partito che già espresse presidenti francesi di cultura marcatamente “laica” come Chirac e Sarkozy. Dal 1967, da quando cioè scomparve dalla scena il Mouvement Républicain Populaire, MRP, l’antico partito di Robert Schuman, non si poteva più parlare in Francia di una presenza evidente di culture politiche ispirate in modo originale all’esperienza cristiana.

Da tempo la maggior parte dei cattolici francesi votava per l’UMP (pur se anche nel Partito socialista  si registra una presenza analoga, tuttavia assai più esigua), ma al loro numero nella base elettorale mai aveva corrisposto una proporzionata presenza ai vertici del partito. In questo senso il successo di Fillon è significativo per due motivi: da un lato per il riemergere di tale presenza dopo tanto tempo, ma dall’altro anche per il modo nuovo e interessante in cui si configura.  Fillon ha vinto con un programma di chiara matrice cattolica che ha proposto tuttavia, laicamente nel senso proprio della parola, a tutto l’elettorato dell’UMP. Non si è candidato cioè come referente di un tradizionale mondo cattolico che in effetti non esiste più oppure, nella misura in cui esiste ancora, è  una “riserva indiana”  chiusa in se stessa. Alla ricerca delle radici profonde della sua ascesa  ci si deve piuttosto volgere verso grandi mobilitazioni di base come “manif pour tous”,  ispirate a valori di matrice cristiana ma organizzate e sostenute da gruppi spontanei in cui si ritrovano non solo cristiani ma anche persone di buona volontà ma di altri orientamenti.

Sin qui – osserviamo concludendo – il vuoto apertosi con la fine delle ideologie progressiste ottocentesche, e in particolare con il tramonto del marxismo, era stato riempito da visioni del mondo a prima vista anche assai diverse, ma in ultima analisi tutte riferibili al relativismo e al nichilismo di più o meno bassa lega. Oggi sembrano invece affacciarsi nuove sensibilità. Sono questi a nostro avviso i primi frutti del grande movimento di rievangelizzazione, nel senso più proprio e originario della parola, che Giovanni Paolo II mise in moto e che i suoi successori hanno ulteriormente continuato.  Come europei e tanto più come italiani, vicini di casa del Papato, finiamo spesso per non renderci conto della rilevanza planetaria, e non soltanto… nostrana di tale processo.

Quello che viene dai Papi e dal loro magistero è l’unico consistente messaggio “alto” che si affaccia stabilmente alla ribalta massmediatica internazionale. Viene fatto oggetto di tutte le distorsioni e di tutte le censure che sappiamo, ma il poco che riesce a raggiungere la meta è comunque molto rispetto alla miseria di quasi tutto il resto. Come sempre, benché la maggior parte dei semi si perda, i pochi che giungono fino al germoglio bastano a fare la differenza.  A questo punto sta però a noi di non compromettere il processo, ma invece di assecondarlo, di servirlo. Perciò di non rinchiuderci con le nostre stesse mani in una “riserva indiana”, bensì di annunciare chiaramente, e di spiegare e testimoniare tutto a tutti nei modi e nelle forme più adatti ai tempi e alle circostanze.

di Robi Ronza

Fonte: http://www.lanuovabq.it

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