Siamo a metà aprile inoltrato. Ci sono meno di due mesi per parlare di quello, dei programmi. La nostra idea è che Trieste abbia bisogno di una piccola grande rivoluzione

Elezioni a Trieste: le liste ci sono, mancano i programmi




Martedì scorso all’Hotel Savoia è stata presentata la lista che fa capo a Roberto Di Piazza. Con questo atto si è definito nelle sue linee essenziali il menu elettorale che l’elettore si troverà davanti in cabina elettorale alle prossime elezioni amministrative. Non che non si formino, da qui in avanti, altre liste, ma il quadro è abbastanza definito.
La politica triestina ha tardato un po’ a definire le proprie posizioni. Nel centrosinistra c’è stata la sorpresa delle primarie del Partito Democratico che pochi hanno capito fino in fondo, nel centrodestra la cosiddetta “Officina” si è riunita tardi e non ha certo proceduto speditamente. Di Piazza è stato a lungo un candidato unitario “in pectore”. Non siamo in campagna elettorale solo da oggi, ma finora si è giocato a nascondino, da ora in avanti bisognerà uscire allo scoperto.
Uscire allo scoperto in politica vuol dire indicare cosa si vuole fare. Altrimenti detto: i programmi. Sì, qualcosa è stato buttato là. Hanno campeggiato i soliti temi tipicamente triestini, ci si è scambiati i rimproveri di rito per non aver fatto questo o quello. Però di scritto nero su bianco non si è visto molto. Di solito i politici dicono di voler partire dai programmi e solo in seconda battuta dai nomi. Tutti sappiamo che quando lo dicono scherzano. Loro partono sempre dai nomi e poi costruiscono i programmi. E’ così anche questa volta. Cosolini, quando è stato designato, era un nome e non un programma. Di Piazza non ha ancora fatto sapere il programma della sua lista e quello della coalizione con Forza Italia e Lega.
Siamo a metà aprile inoltrato. Ci sono meno di due mesi per parlare di quello, dei programmi. La nostra idea è che Trieste abbia bisogno di una piccola rivoluzione: meno pubblico e più privato, meno istituzioni e più società civile, meno individui singoli e più famiglia, meno anziani e più giovani, meno morti e più nascite, meno ideologia nelle scuole e più formazione umana, meno passato e più futuro, meno nostalgia e più innovazione, meno chiusure e più collaborazione, meno litigi e più collaborazione, meno sistema di potere intrecciato e più libertà sussidiaria, meno assistenzialismo e più iniziativa, meno rendite di posizione e più creatività, meno iniziative spericolate su temi etici fondamentali e più senso di responsabilità, meno laicismo e più laicità, meno pretesa di superiorità della politica sull’etica e più umile riconoscimento di un dovere di servizio.

 

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