E adesso Mr. Facebook paga gli avvocati ai clandestini




Zuckerberg – il signor Facebook- nel 2013 fondava l’embrione di un movimento politico pro-immigrazione dietro il paravento che fa tanto Onlus. In un editoriale a sua firma sul Washington Post, quattro anni or sono, lanciava formalmente il movimento FWD.us, “Forward Us”, “Avanti Stati Uniti”, dove “us”, suffisso di dominio per gli Usa, può anche significare “noi”. Progetto lanciato insieme ai leader di tutte le principali compagnie della Silicon Valley. E a scorrere i nomi di fondatori e sostenitori c’è da rimanere impressionati: Drew Houston, fondatore di Dropbox; Reid Hoffman, fondatore di Linkedin; Reed Hastings, fondatore di Netflix; Max Levchin, fondatore di Yelp; Andrew Mason, fondatore di Groupon; Marissa Mayer, presidente di Yahoo; Mark Pincus, fondatore di Zynga; David Sacks, fondatore di Yammer; Eric Schmidt, triumviro di Google; Kevin Systrom, fondatore di Instagram.
L’ambizione era quella di mettere su una riforma complessiva dell’immigrazione – “non importa dove si è nati” – e della istruzione. Menzione, quest’ultima, che appariva (e appare) piuttosto inquietante: l’ipotesi di un colosso del web che insieme a tutti gli altri si dia come obiettivo quello di educare le nuove generazioni rievoca incubi da “1984”. Operazione che, comunque, e va detto, è pienamente in corso. Ad ogni modo, quella che era la mera ambizione di gestire i flussi globali dell’immigrazione e che era anche uno dei punti principali dell’agenda del secondo mandato del premio Nobel per la pace Obama, da quando l’inquilino della Casa Bianca è diventato il Don, si è trasformata nella sola missione di FWD.us da raggiungere a tutti i costi. “Come molti di voi, sono preoccupato dall’impatto dei recenti ordini esecutivi firmati dal presidente Trump”, aveva detto nei mesi scorsi il re dei social.
E proprio in questi giorni il gruppo d’interesse (a metà tra advocacy e lobby pura e semplice), costituito da Zuckerberg, ha conquistato un sostegno notevole. Il governatore della California, lo stato anti-trumpista per eccellenza, ha firmato un finanziamento di 45 milioni di dollari, denaro preso dai fondi dei contribuenti, per gli “avvocati dell’immigrazione”. “FWD.us tesse le lodi del governatore Jerry Brown, dell’assemblea legislativa e delle organizzazioni come il Centro Politico Immigrati della California che hanno lavorato senza sosta per sostenere i nostri valori americani e proteggere i diritti di tutti i californiani con questo finanziamento nel bilancio dello Stato, che fornirà accesso all’assistenza legale per gli immigrati che sono detenuti o a processo”, si legge in una nota dell’organizzazione “open borders” di Zuckerberg.
Aggiungendo che, “mentre continuiamo il nostro lavoro per riparare il mal funzionante sistema di immigrazione, siamo rincuorati dall’importante passo della California per la tutela dei diritti costituzionali di circa dieci milioni di immigrati all’interno dei suoi confini”. Come se, notoriamente, negli Stati Uniti, agli immigrati non fosse già concessa assistenza legale da parte dello Stato… Recentemente la California, in una sorta di prova di forza con il presidente Trump, ha voluto non solo allargare i margini dei diritti ai clandestini, ma concedere speciali protezioni per l’immigrazione illegale.
E sarà una mera coincidenza se le organizzazioni – come ‘The Immigrant Legal Resource Center’ – che hanno orchestrato il dietro le quinte delle nuove norme californiane hanno legami con il finanziere Soros e la sua ‘Open Society Foundation’. Addirittura nel 2012 Soros donò 1,8 milioni di dollari al ILRC. In questo scenario surreale, dove le felpe californiane stanno modificando alcuni aspetti della geopolitica mondiale e in particolare della politica in Usa, tra modelli di comportamento e lobbies di pressione, non ci stiamo tanto tanto chiedendo se Zuckerberg un giorno si lancerà nell’agone politico, ma, molto più semplicemente, che la sta già facendo la politica. E pure con una sapiente mistura di evangelismo social e di egalitarismo: “un mondo più aperto e connesso”. Lo “stay hungry, stay foolish” (siate affamati, siate folli) di Steve Jobs ha ceduto il posto alla condanna delle diseguaglianze di cui l’immigrazione è il cavallo di battaglia.
E’ così che lo Zuckerberg in maglietta scrive i manifesti dell’uomo nuovo insieme ai paperoni del mondo che stanno creando una vera e propria lega contro le politiche di Trump, ma soprattutto capace di tessere le trame del nuovo ordine mondiale. Tanto “siamo (sono) forti, perché siamo (sono) ricchi”, come disse Green – il vecchio compagno di stanza del signor Facebook – quando fondarono FWD.us. Tempo che i genietti del web escano dalle lampade e niente sarà più come prima. E soprattutto, dopo le ultime uscite, si avvicina il momento in cui Zuckerberg si candiderà alle presidenziali per sfidare Trump? Così sembra, ma nel frattempo il Congresso approva altre misure per il contenimento dell’immigrazione richieste da Trump. Un’altra vittoria del Don.
di Lorenza Formicola
Fonte: https://www.loccidentale.it

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