In una intervista al settimanale Tempi, Massimo Gandolfini rilancia l'iniziativa dopo il Family Day dello scorso giugno per fermare il disegno di legge che vorrebbe riconoscere i "matrimoni" omosessuali.

Dopo il family day. Gandolfini: «Ora la petizione nazionale contro il ddl Cirinnà»




intervista di Benedetta Frigerio al dott. Massimo Gandolfini
Tempi.it, 27 luglio 2015

Il comitato “Difendiamo i nostri figli”, che il 20 giungo scorso, a sole tre settimane dalla sua costituzione, ha portato in piazza San Giovanni a Roma un milione di persone per protestare contro il disegno di legge sulle unioni civili (ddl Cirinnà) e l’introduzione dell’ideologia gender nelle scuole, ha deciso di scendere nuovamente in campo per non lasciare che l’attenzione sul ddl cali. A illustrare a tempi.it i prossimi passi è il portavoce del comitato, Massimo Gandolfini.

 

Dottor Gandolfini, mercoledì 29 luglio comincerete a raccogliere le firme per una petizione nazionale. Di che si tratta?

È una petizione contro il ddl Cirinnà tout court. La raccolta firme comincerà a settembre su scala nazionale, abbiamo deciso però di cominciare già ad essere presenti a Roma con dei gazebo fuori dal Senato, dove si sta ancora discutendo il testo sulle unioni civili, negli ultimi due mercoledì precedenti alla chiusura estiva del Parlamento. Lo scopo della petizione è molteplice: continuare a tener desta l’attenzione dei cittadini su un tema vitale che prima del 20 giugno rischiava di essere affrontato nell’ignoranza di molti; dare un ulteriore segnale alla classe politica e far capire che non ci arrendiamo; incoraggiare i milioni di italiani convinti che la famiglia sia una sola, quella composta da un uomo e una donna uniti in matrimonio. Infine vogliamo dare un messaggio anche alla Chiesa italiana.

 

Laici che si preoccupano di ricordare alla Chiesa una verità universale che la Chiesa stessa insegna da duemila anni? È quantomeno singolare.
Non è la prima volta che accade nella storia. In fondo anche san Francesco era un laico che ricordò alla Chiesa il suo compito, e alla fine il Papa riconobbe la sua regola. Può darsi che sia un momento storico simile, di disorientamento anche all’interno della Chiesa, che è fatta di uomini che possono sbagliare. E può darsi che lo Spirito voglia suscitare dal basso forze utili a guidare o confortare i pastori. Quello che li convincerà, però, sarà solo una vita coerente con quanto proclamiamo. Ricordo che nel 1968, quando Paolo VI pubblicò l’Humanae Vitae, interi episcopati si ribellarono, sostenendo che fosse anacronistico vietare la contraccezione. A far cambiare loro idea sono state le famiglie numerose.

 

Se a cambiare deve essere la vita, a cosa serve scendere in piazza?
A far vedere al mondo che questa vita esiste e che a viverla sono ancora in tanti. Gesù, riferendosi ai farisei, disse: «Fate quello che vi dicono, ma non fate quello che fanno». Guai a noi se, come i farisei, non facessimo quello che diciamo, ma guai a noi se non dicessimo quello che facciamo. Perché non c’è testimonianza senza proclamazione, né evangelizzazione senza testimonianza. Bisogna che le cose vadano a braccetto per raggiungere quante più persone possibili in un momento in cui sembra che la divisione prevalga. Non è detto che anche i nostri avversari vedendoci e sentendoci proclamare non vengano a vedere chi siamo. Questo dobbiamo spiegare ai nostri pastori. Siamo davanti all’avanzata di un nemico feroce che ci deve vedere uniti. Stare a discutere sulle strategie sarebbe la vittoria dell’avversario.

 

Il ministro Boschi non vi ha ancora ricevuto, i politici presenti in piazza solo quattro giorni dopo la manifestazione hanno votato la fiducia a una riforma della scuola comprensiva del famoso articolo 16, che apre alla possibilità dell’insegnamento delle teorie gender. In quale rappresentanza sperate?
Abbiamo chiesto due volte di incontrare il ministro, che non ci ha ricevuto. E questo in una democrazia è inammissibile dati i numeri della piazza. Per quanto riguarda l’emendamento della riforma della scuola, che rende obbligatorio l’insegnamento dell’ideologia gender, è un colpo di mano di una lobby ristretta che lo ha inserito all’ultimo momento nel testo. Dopodiché, si poteva o votare contro la riforma su cui era stata posta la fiducia, avendo la certezza matematica che il governo sarebbe caduto, o chiedere l’esenzione. Noi eravamo per la linea intransigente, convinti che avrebbe avuto sicuramente un grande valore simbolico per Ncd. Adesso non ci resta che agire a livello locale con tutti gli strumenti possibili.

 

Crede che Ncd medierà con il Pd anche sul ddl Cirinnà?
Sulle unioni civili la nostra intransigenza è ancora maggiore, ma sugli scranni del Parlamento ci sono sedute persone fisiche che possono votare sì o no, e l’unico modo per fermare il ddl Cirinnà è cercare queste persone e interloquire direttamente e costantemente con loro affinché si sentano incoraggiate a intraprendere anche azioni forti. Bisogna tentare questa via perché una battaglia culturale, che certamente va fatta al di là dell’esito politico, non basterebbe. La piazza comunque ha aiutato i politici a farsi coraggio nella battaglia sulle unioni civili. Ho detto loro: «Guardare che in piazza c’erano famiglie che hanno fatto sacrifici economici per essere presenti, volete che per ognuno di loro non ci siano altri dieci a pensarla allo stesso modo?». Sebbene mossi da altri interessi, persino Renzi e il governo lo hanno capito.

 

È vero che state meditando di chiedere un referendum abrogativo per cancellare la parte della “buona scuola” che introduce l’ideologia gender?
Sì ci stiamo pensando, ma prima dobbiamo concentrare le forze sul ddl Cirinnà.

 

Come credete di continuare l’esperienza sorprendente del 20 giugno? Scenderete di nuovo in piazza?
Non abbiamo progettato nulla. Stiamo a vedere cosa succede. Non escludiamo una nuova manifestazione, né di cambiare la città in cui scendere in piazza o strutturarci sul territorio ed essere presenti in più piazze. Per ora siamo sicuri solo che a settembre lanceremo la petizione nazionale e che il 3 ottobre saremo presenti alla veglia di preghiera con il Santo Padre in vista del Sinodo sulla famiglia.

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