Domenica 8 maggio si terrà a Roma la Marcia nazionale per la vita, con inizio in Piazza della Bocca della Verità alle ore 9,00. Il giorno precedente, sabato 7 maggio pomeriggio, si terrà nell’aula magna della LUMSA (Università Maria Santissima Assunta) un convegno in preparazione alla Marcia dal titolo “Per la vita senza compromessi”.
Lo scandalo continua
Non si può essere contenti di come stanno andando le cose per quanto riguarda il rispetto della vita umana nascente. Le legislazioni che permettono l’aborto si stanno estendendo e nuovi Stati, per esempio in America Latina, approvano forme più o meno accentuate di liberalizzazione dell’aborto. Si nota una generale assuefazione della gente che non fa quasi più caso al problema. La diagnosi prenatale, finalizzata ad eventualmente abortire il feto che dovesse rivelare delle malformazioni, è diventata routine e il ginecologo si stupisce – e magari rimprovera – la donna che non la volesse fare. I bambini con sindrome di Down – nonostante ci sia una giornata mondiale a loro dedicata – sono sempre di meno perché a loro viene impedito di nascere. L’orrendo scandalo dei feti fatti abortire verso la fine della gravidanza per farne commercio di organi e tessuti è stato messo a tacere. Ha fatto scalpore il recente bambino Down sopravvissuto all’aborto e che urlava e si dibatteva mentre lo si lasciava morire, ma poi ce ne siamo tutti dimenticati. La domanda che in questo caso è sorta è lancinante: perché gli operatori sanitari dovrebbero salvare un bambino che pochi istanti prima volevano uccidere?
Con l’aborto ormai si convive?
L’aborto sparisce nell’indifferenza, ma poi riemerge in tutta la sua disumanità. Con l’aborto chimico si abortisce in silenzio e da sole. Qui l’aborto viene tolgo dalla vista e sembra che non ci sia. Poi, però, le sempre nuove tecniche di ecografia mostrano con evidente chiarezza che nel ventre della mamma non c’è solo un grumo di cellule, ma un essere umano che interagisce. L’aborto, quindi, viene occultato, ma poi si fa notare e rappresenta una tremenda colpa che continua a gravare su di noi, nonostante la cultura, la mentalità ufficiale, l’educazione lo nasconda.
Anche la Chiesa sta perdendo la sensibilità per questo tema. Di recente a Modena si è fatta una Maria per la Vita organizzata dalla Comunità Giovanni XXIII e ha stupito la presenza del nuovo Vescovo diocesano. Da quanto tempo non si vedeva più un Vescovo ad una Marcia per la Vita? Subito dopo l’approvazione della legge 194 sull’aborto quasi ogni diocesi organizzava la sua annuale Marcia per la Vita e spesso il Vescovo vi partecipava. Ora ciò non accade più e il fatto di Modena ha suscitato stupore. E’ molto difficile sentire la pronunciare la parola “aborto” un un’omelia pronunciata dall’ambone. L’impegno contro l’aborto è sempre meno proprio delle comunità ecclesiali in quanto tali e sempre più viene delegata ad associazioni specializzate di cattolici. Sembra che sia una fissazione di alcuni e non un dovere di tutti.
Un male superato da altri mali?
Se pensiamo a cosa avviene oggi con la fecondazione eterologa, al sacrificio degli embrioni umani, alla selezione eugenetica fino al tentativo di manipolare la natura stessa dell’uomo ci viene da pensare che l’aborto non sia poi un male così grande: ce ne sono altri e di peggiori. Però, a pensarci bene, tutti gli orrendi atteggiamenti contrari alla vita umana hanno come radice e prima origine l’aborto. La valanga di misfatti successiva all’aborto è stata possibile perché era stata aperta quella porta in una grande stanza di tortura. I nuovi mali non devono farci dimenticare il male originario dell’aborto, che è la negazione prima del valore della vita umana e l’inizio tragico della strumentalizzazione della persona e della corruzione della famiglia.
A cosa può servire una semplice Marcia per la Vita? Per fortuna in giro per il nostro Paese ci sono tante iniziative a sostegno della vita nascente. La Marcia vuole essere un momento pubblico di visibilità, di affermazione di un valore insopprimibile, di conferma e sostegno per chi si impegna, di monito alle nostre classi dirigenti, colpevolmente assenti su questo fronte ed anzi intenzionate a proseguire su questa triste strada.
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