In Santo Stefano la diaconia come opera di misericordia e la confessione aperta della fede si sono unite. Stefano fu condannato e per la sua testimonianza coerente di discepolo di Gesù di Nazaret. Dio ascoltò la sua preghiera e convertì Saulo, il persecutore.

Dal martirio di Stefano la conversione di Saulo




Dopo l’epifania dello Spirito a Pentecoste (At 2-1,41) e l’annuncio di Simon Pietro con gli Undici in Gerusalemme, che indicano in Gesù di Nazaret “colui che era stato crocifisso” (At 2,36) e che Dio aveva costituito Signore e Cristo (At 2,36) con la Risurrezione, “accolsero la Parola e ricevettero il battesimo circa tremila persone” (At 2,41), che si aggiunsero a quelle “circa centoventi persone” (At 1,15) alle quali Simon Pietro aveva promesso di scegliere uno al posto di Giuda “diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù” (At 1,16). La scelta fu tra “Barsabba detto il  Giusto e Mattia” (At 1,23). “Tirarono a sorte e fu indicato Mattia” (At 1,26). La Comunità proto-cristiana si edificò grazie alla missione di Pietro e degli Undici mediante l’annuncio, la conversione e il Battesimo.

Si trattò subito di un gruppo di varie estrazioni che però si sentiva impegnato a “perseverare nell’insegnamento degli Apostoli, nella comunione, nello spezzar del Pane e nella preghiera” (At 2, 42).

La Comunità dei discepoli del Risorto cresceva “e raggiunse circa cinquemila” persone (At 4,4) grazie alla predicazione di Pietro e ai prodigi che la accompagnarono (At 3,6-8).

Proprio per “l’aumento del numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormoravano contro quelli di lingua ebraica perché nell’assistenza quotidiana venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo …” (At 6,1-5).

Stefano dunque compare nel libro degli Atti come il primo dei sette uomini che dovevano garantire quella attenzione concreta e discreta alle persone in difficoltà al di là della loro appartenenza linguistica.

Questa ministerialità, che potremmo sottolineare delle opere di misericordia corporale, è vista come la diaconia che a nome dell’intera Comunità i sette uomini svolgono per dare fattiva testimonianza a quell’amore verso chi è nella necessità e che ha il compito di rendere vera la comune paternità divina e la fraternità tra coloro che hanno fatto la scelta di seguire Cristo e il suo Vangelo.

Stefano viene indicato come “uomo pieno di Spirito Santo” (At 6,5). Il servizio a favore di chi è nel bisogno, secondo il criterio segnalatoci nel libro degli Atti, da parte di chi nella Comunità cristiana ha questa missione, deve partire da una vita corroborata dalla fede e dallo Spirito che è dono dal e tra il Padre e il Figlio unigenito. Colui cioè che si appresta, sull’esempio di “Stefano, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia” (At 6,5), ad esercitare per la Comunità la “diaconia” deve essere una persona che si inserisce nel contesto di sofferenza e povertà avendo nel cuore “gli stessi sentimenti di Cristo” che sono la ricerca della carità da vivere come virtù teologale, capace di informare di fede le sue opere. Fa da richiamo l’insegnamento della lettera di Giacomo: “Con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18). Questo è ciò che deve fare la differenza -nell’essere solidali – tra un discepolo di Cristo e un agnostico: essere capaci di coniugare lo stile di Dio che si invera nella fragilità umana, senza nulla disattendere di ciò che è impoverito, nella consapevolezza che anche chi è prostrato è amato da Dio e questo amore diviene solidarietà concreta per dare significatività a tutto l’uomo nella dimensione materiale, morale e spirituale affinché si possa dare senso alla completezza della persona umana anima-corpo. Questo ovviamente come vera attenzione “dell’intero e non del frammento”.

E’ il tutto della persona umana che deve interessare alla “diaconia” del discepolo di Cristo. Questo non è da confondere con un’intenzione di proselitismo, bensì con il desiderio di rendere presente nella storia la sollecitudine di Dio come la rivelazione biblica ce la offre: Pastore e Padre; medico e buon Samaritano di tutto l’uomo e di ogni uomo (GS n.22).

Stefano inoltre è colui che seppe dare testimonianza della sua fede in Cristo Gesù realizzatore delle promesse profetiche attraverso la lettura dell’ avventura del Popolo d’Israele e non ebbe timore di affermare di fronte al Sommo Sacerdote di “contemplare i cieli aperti e il Figlio dell’Uomo [Cristo Gesù] che sta alla destra di Dio” (At 7,56).

Per la fede in Cristo, Messia, Redentore e Salvatore, Stefano fu condannato e per la sua testimonianza coerente di discepolo di Gesù di Nazaret molti si avvicinarono alla Comunità del Risorto e questo fece “scoppiare una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme” (At 8,1). Anche oggi, pur nella sua umana fragilità, la Chiesa di Cristo, quale portatrice dello spirito del Vangelo, fa problema sia a livello culturale, sociale, legislativo sia tra gli integralismi laicisti e di stampo religioso. Il martirio ha sempre accompagnato la vita di questi duemila anni di cristianesimo. Ciò non toglie che si debba continuare ad annunciare Cristo e il suo Vangelo nonostante i molteplici gesti di intolleranza, di discredito e di attentati ai singoli cristiani ed alle comunità, alle chiese e ai villaggi, assieme certo ad alzare la voce a livello mondiale per questi gravi attentati contro chi è cristiano in Medio Oriente, in Africa, in Asia e in Europa e quindi contro uno dei diritti umani, quale è la libertà religiosa.

Stefano ci richiama  inoltre, con il suo martirio, a fare nostro l’insegnamento di Cristo sulla croce: “Signore Gesù non imputare loro questo peccato” (At 7,60).

Cristo lo ascoltò convertendo il cuore rigorista e avvelenato contro il Nazareno e i suoi di Saulo sulla via di Damasco.

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