Contro il totalitarismo del conformismo. Questo deve fare l'informazione cattolica, secondo Riccardo Cascioli qui intervistato, non per essere contro qualcuno ma per dire la verità.

Contro la dittatura del conformismo




Riccardo Cascioli, scrittore e giornalista, direttore de “La Nuova Bussola Quotidiana” e condirettore de “Il Timone”, è stato relatore alla Cattedra di San Giusto a Trieste, ieri 15 dicembre 2014, sul tema: “Informazione e deformazione: la comunicazione oggi”. Gli abbiamo rivolto alcune domande su difficoltà e meriti dell’informazione cattolica odierna.

Qual è la differenza tra riflessione della Chiesa e pensiero conformista contemporaneo?

Penso che nella comunicazione cattolica interessi la persona. O meglio, il valore della persona, immagine e somiglianza di Dio. Questa è l’unica cosa che abbiamo davvero a cuore: raccontare l’uomo, ma per comunicargli la verità di Cristo. Ciò è avverso a qualsiasi ideologia, come a qualsiasi potere ed è l’unico punto di resistenza contro ciò che, oggi, costituisce quella cultura dominante che stima l’uomo come l’oggetto di qualsiasi tipo di manipolazione – fisica, biologica, culturale. Questo grande scontro tra opposte concezioni della persona, si riflette anche e soprattutto nella comunicazione.

La cultura passa attraverso la comunicazione e per cultura s’intende il giudizio sulla realtà, il modo in cui la guardiamo. Lo scontro è tutto qua: tra la cultura del mondo, che riduce l’uomo a oggetto di potere e la cultura cristiana, che è un rinnovamento della mente, per giudicare ciò che è buono e gradito a Dio.

Lei è anche condirettore de “Il Timone”, mensile sulla formazione e l’informazione apologetica. Può spiegare cos’è l’apologetica?

Nel caso de “Il Timone” si parla di apologetica popolare, che significa rendere ragione della fede. Possiamo anche dire che l’apologetica è il cogliere tutte le implicazioni della fede nelle varie realtà culturali, politiche, storiche o sociali. Ma è pure il saper comunicare le proprie ragioni, nell’incontro-scontro con le varie culture, verificando la verità di ciò che ci è stato annunciato. L’apologetica è, appunto, questo sforzo di rendere comprensibile, anche dal punto di vista della ragione, il dato della fede.

L’apologetica è solo un aiuto di ragione alla fede, o può servire anche da contrasto all’egemonia culturale del laicismo contemporaneo?

Certamente. Anzitutto, è opportuno approfondire le ragioni della fede, poiché essa, se non diventa cultura, non è autentica. La fede, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, non è una questione semplicemente spirituale, ma è il criterio con cui si affrontano i fatti della vita, sia personali che sociali. Quando qualcuno s’imbatte o si scontra con la realtà, mette in gioco i criteri della fede e quindi verifica, in quello che fa, la verità della propria fede. Altrimenti abbiamo una fede staccata completamente dalla realtà. La fede non può essere ridotta a spiritualità (o a spiritualismo).

Nel dibattito odierno, ad esempio, la fede dei cristiani ha una verifica concreta quando si parla di matrimonio, di famiglia o di educazione. La famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna non è un dato di pura fede. Inoltre è noto che il principio del divorzio, accettato dal nostro sistema giuridico, ha portato alla disgregazione della famiglia, al crollo della natalità e all’instabilità sociale. Certamente, non ci si converte al cristianesimo su questioni sociali, però è chiaro quanto la Rivelazione di Cristo abbia a che fare con l’uomo concreto e non con la mera spiritualità o il sentimento.

Ora invece, “La Nuova Bussola Quotidiana”, da lei diretta, pur con alcuni spunti apologetici, vuole invece offrire uno strumento per orientarsi tra le notizie, in una prospettiva di fede. Perché è necessaria un’informazione cattolica alternativa? Che requisiti deve avere?

Il punto da cui partiamo non è di essere alternativi a qualcosa o fare resistenza a qualcuno ma, semplicemente, vogliamo annunciare Cristo anche nella comunicazione. E lo si annuncia cogliendo o sapendo giudicare le notizie, la realtà, partendo da un criterio diverso, ovvero dalla fede. La fede è una comprensione più vera e più profonda della realtà, non avendo nulla di ideologico. Dato che noi amiamo la realtà e poiché la realtà è Cristo, come dice san Paolo, quello che la fede ci dà è l’intelligenza della realtà e la capacità di leggerla. E, allora, l’informazione cattolica non può non essere che questo: far diventare concreta la nostra fede.

C’è anche il problema del bavaglio, che il governo vorrebbe mettere alla stampa libera e si avvicinano inesorabili i pericoli di venire condannati per avere espresso il proprio pensiero. Può approfondire?

Questo è un po’ il punto d’arrivo di un processo, che Giovanni Paolo II aveva chiaramente indicato, già molti anni fa, quando diceva che «una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo» (Centesimus annus, 46). Di fatto, stiamo andando a grandi passi proprio verso un totalitarismo del conformismo. Oggi, ad esempio, sulla questione dell’ideologia di genere, abbiamo raggiunto il culmine: basta dire di credere che la famiglia naturale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, sia l’unica tipologia di famiglia, per essere tacciati di omofobia oppure denunciati. Per non parlare delle Linee guida governative per i giornalisti, ai quali si richiede la sottomissione, tramite l’addomesticamento del linguaggio, all’ideologia omosessualista.

Dobbiamo essere molto chiari: siamo soggetti ad un totalitarismo che è stato assorbito anche da buona parte della stampa cattolica. Ma in questo quadro, a maggior ragione, l’informazione cattolica ha un’importanza fondamentale, poiché è l’unico punto di resistenza davanti a questa nuova mentalità.

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