Bocciata la raccolta di firme "Uno di noi". Oltre due milioni di firme raccolte non avranno nessun seguito in Parlamento. L'Unione Europea, in questo caso la Commmissione, non ascolta la gente.

Come far esplodere l’Unione europea




Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Per carità, sapevamo ormai da tempo che a Bruxelles tirava una gran brutta aria per i cristiani. Dalla cacciata di Buttiglione alla negazione dell’invocazione a Dio e delle radici cristiane nel testo fondamentale dell’Unione fino agli ultimi rapporti Lunacek ed Estrela (di cui su VN abbiamo dato ampio conto) la serie degli episodi di ostracismo, o discriminazione, più o meno legalizzata è ormai così lunga da poterci scrivere un intero libro. Quello che però è accaduto in settimana a memoria d’uomo non ha precedenti. La Commissione dell’Unione, l’organo cioè decisionale e in assoluto più rilevante istituzionalmente, ha comunicato che l’iniziativa civica “Uno di noi” – che in pochi mesi ha raccolto quasi due milioni di firme tra tutti i cittadini comunitari, record storico ineguagliato per un’iniziativa del genere – non avrà nessun seguito legislativo presso il Parlamento, come invece accade solitamente in questi casi. Ricordiamo brevemente che si tratta dell’iniziativa che auspicava il congelamento dei fondi pubblici alla sperimentazione sugli embrioni e il riconoscimento giuridico della sua dignità. Intendiamoci: vista appunto l’aria che tira di questi tempi era arduo, se non proprio impossibile, che si arrivasse ad incidere sul serio sulle leggi abortiste o eugenetiche. Ma era comunque qualcosa: un segnale importante che aveva visto la mobilitazione di quasi tutti i gruppi pro-life europei e di molte altre aggregazioni. Diversi ragazzi avevano persino rinunciato a qualche giorno di ferie l’anno scorso pur di impegnarsi a promuovere la proposta, mentre altri se ne erano fatti portavoce nei luoghi di vacanza. Per dire di quello che era successo dalle nostre parti e conosciamo di persona. In tempi di anti-politica militante e qualunquismo radicale non era poco. Va anche detto, per completare il quadro, che si tratta di uno dei pochi strumenti realmente democratici che oggi come oggi collegano più o meno direttamente la società civile europea all’elaborazione dei processi regolatori e  normativi dell’Unione.

Ora, se tutto questo è vero, ci si aspetterebbe quindi quantomeno una seria presa in esame da parte degli organi di Bruxelles, indipendentemente dalle valutazioni (positive o meno) che si possano avere sul merito delle questioni trattate. E invece no, proprio per niente. In un modo che se non fosse reale sarebbe fantascientifico, con asciutta freddezza, la Commissione ha semplicemente comunicato che la petizione popolare tratta un argomento di per sé già discusso in altre sedi proprio negli ultimi mesi per cui non vi è motivo alcuno di metterlo all’ordine del giorno nonostante la spinta popolare. A questo punto, francamente, non si capisce se lassù ci fanno o ci sono. Perché un rifiuto a priori del genere non si era mai visto. La gravità della posizione è data anche dal fatto che si tratta di una delle ultimissime decisioni prese dalla Commissione uscente che anzi, tecnicamente, di norma resta in piedi fino alla nomina della nuova solo per espletare le questioni di ordinaria amministrazione, passando tutte le eventuali ‘pratiche in sospeso’ ai nuovi Commissari. Ora gli euroscettici (di ogni tipo) avranno gioco facile nel dire: “avete visto? Ve l’avevamo detto noi, questa Unione è irriformabile, non serve a niente, prima ce ne sbarazziamo e meglio è”. Di fronte a obiezioni del genere dopo quanto accaduto in settimana diventa sempre più difficile rispondere. Quello che la gente vede senza tanti ragionamenti sottili è che una proposta di legge proveniente dai cittadini non viene nemmeno discussa, nonostante i cittadini si siano molto impegnati per elaborarla e poi promuoverla. Il colmo del colmo, poi, è che questo rifiuto proviene da una Commissione che a sua volta non è nemmeno eletta democraticamente e i cittadini non hanno mai votato. Stupisce che a Bruxelles non capiscano che tutto questo negli osservatori della società civile istintivamente porterà ancora più astio e rabbia verso tutto ciò che a che fare con l’Unione. E, ovviamente, addolora anche il fatto che ora sarà difficile ricompattare anche il laicato cattolico sull’Europa. Se prima c’era sì diffidenza ma una propensione comunque alla collaborazione propositiva ora il rischio è che il ‘no’ all’apertura del tavolo provenga proprio da questa parte. Perché le sberle subìte, fino all’umiliazione della propria dignità, senza logica né motivazione alcuna, cominciano a essere tante. Anche i nostri politici più europeisti a questo punto forse dovrebbero farsi un esamino di coscienza e dire ai loro colleghi europei che la stima delle istituzioni che rappresentano è ormai in caduta libera e la prossima volta che dovessero fare campagna elettorale sui meriti e le meraviglie del processo d’integrazione potrebbero trovarsi in serie situazioni d’imbarazzo, un po’ come quel tale che rispose di getto a chi gli chiedeva che cosa ne pensasse del suo programma politico: “vai a prendere in giro a qualcun altro”.

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