Nei giorni scorsi, in concomitanza con la festa dell’Epifania avevamo pubblicato una breve riflessione sul luogo che, almeno in Europa, è da oltre otto secoli il più intimamente legato alla manifestazione del Signore ai Magi, ovvero Colonia, il cui Duomo è già in sé stesso un monumento plastico a questo evento straordinario della Rivelazione divina nella storia della salvezza (http://www.vitanuovatrieste.it/colonia-e-lepifania/). Nessuno avrebbe immaginato che proprio quella città – quasi nelle stesse ore, e in quegli stessi luoghi tra l’Hauptbanhof e la Cattedrale metropolitana – sarebbe diventata un luogo di violenza di massa, da parte di decine di profughi provenienti dal Maghreb, verso numerose donne locali, circondate in mezzo alla strada, fatte oggetto di umiliazione, oltraggiate e derubate. La cosa – per quanto inqiuetante – sembrava finire lì ma nelle ultime ore sta venendo fuori che scene simili nella notte di San Silvestro si sono ripetute anche in altre città tedesche e – pare – addirittura austriache e scandinave. Se è così, l’azione sarebbe stata evidentemente progettata da tempo, e poi messa in atto dai vari gruppi presenti in Paesi diversi, per chissà quali motivi. Qualcuno parla già di una jihad sessista, per la verità, che si aggiungerebbe a quella terroristica in atto da anni. Noi però restiamo su Colonia perchè il succedersi delle due scene nello stesso luogo, anzi nella stessa piazza, ci obbliga necessariamente a qualche riflessione.
Colonia resta quella città lì, e per i cattolici – mitteleuropei e non solo – continua tuttora a rappresentare un universo forte, e vivo, di significati sacrali, anche se i credenti sono oramai minoranza e anche se invece che per i Magi la città guadagna le prime pagine dei giornali internazionali per atti di violenza che non sono solo anticristiani ma proprio barbari in sé. Mutatis mutandis, è un po’ quello che dovrebbe valere ordinariamente anche per i luoghi sacri in Terra Santa anche se – pure in quel caso – nell’infinita lotta tra ebrei e islamici quasi nessuno più a livello ecclesiale lega il destino dell’odierna Gerusalemme, per esempio, alle sorti della Cristianità.
A nostro avviso, anzi, dovrebbe essere proprio la successione degli eventi a rinforzare l’immagine più vera, perché radicata nella nostra storia religiosa comune europea, di Colonia, e non altro. Viene in mente che anni fa, a Milano, anche lì davanti il Duomo, accadde un episodio che fece discutere, e, se si vuole, nel suo piccolo fu ugualmente assimilabile a una forma di violenza: centinaia e centinaia di fedeli islamici si diedero appuntamento appositamente proprio lì, davanti la Madonnina, per una preghiera comunitaria in pieno sabato pomeriggio nella pubblica piazza milanese, in ginocchio tutti rivolti in direzione della Mecca sotto le luci della Cattedrale.
Sappiamo che sempre Milano, popolata da nutrite comunità straniere di provenienza extracomunitaria, non solo nordafricana, è pure spesso al centro delle cronache per episodi di violenza di vario tipo e anche in quel caso – ci consigliano gli amici milanesi – dopo una certa ora per la stazione centrale se si vuole stare tranquilli è meglio non passarci da soli. Per dire che in certi posti e contesti cittadini di cristiano non c’è rimasto poi granché. Ma forse che tutto questo cancella all’improvviso la centralità dello stesso Duomo per la vita sociale e religiosa della Milano di oggi? l’importanza storica della Cattedra di sant’Ambrogio? la qualità della presenza cristiana nella comunità civile e culturale e quant’altro lega la Diocesi tuttora più grande d’Europa? alla testimonianza plurisecolare della fede viva ereditata da una tradizione gloriosa di Santi?
Il problema, semmai è un altro e cioè quando non riusciamo ad avvertire come ferite inferte anche a noi e alla nostra identità gli episodi di violenza, comunque questa sia realizzata, verso le persone, i simboli e i luoghi che segnano distintamente la nostra appartenenza non solo superficialmente nazionale, o linguistica, ma anche e soprattutto religiosa e spirituale. A scanso di equivoci, non si tratta naturalmente di fare inviti alla rappresaglia verso chicchessia ma ad avere umilmente a cuore, questo sì, la memoria e l’identità del nostro passato mitteleuropeo e quindi anche il valore innegabile che esso ha per comprendere correttamente il nostro presente (le famose ‘radici’) perché da cristiani figli di un Padre e in cammino verso il Cielo il nulla proprio non ci appartiene: è anche questa, dopotutto, un’opera di importante misericordia spirituale, da ri-scoprire e celebrare come tutte le altre nell’Anno Santo di Grazia appena inaugurato della Divina Misericordia.
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