Ciao, Edi!




È passato più di un mese dalla sua morte. Ne hanno a lungo parlato anche sul quotidiano locale, specie nelle lettere della pagina di Segnalazioni. Ricordi, omaggi, nostalgie, rimpianto e soprattutto tanta amicizia ed affetto.

Per Edi Kanzian, instancabile animatore culturale della nostra città, non era possibile non provare amicizia ed affetto già al primo incontro, per un’empatia immediata, soprattutto per la sua semplicità ed umiltà. Due doti innate, mai consapevolmente ricercate e mostrate, sempre presenti nei suoi incontri semplici e umili come lui: appuntamenti, anche con personaggi di rilievo, che si svolgevano soprattutto nei caffè e nelle trattorie del Carso, davanti a un bicchiere di vino e piccoli antipasti poco pretenziosi.

Lui era “inesorabile”: il suo passo, la sua andatura, il suo modo di parlare e di ascoltare, erano “inesorabili”. Procedeva calmo, compassato, serio, imperturbabile soprattutto, anche quando qualcuno esprimeva pareri non condivisibili ma che lui ascoltava , senza mai cedere alle facili tentazioni del sarcasmo e della polemica urlata. Dialogava, nelle tavole rotonde sui più svariati argomenti – specie quelli di attualità bruciante – sapeva accostare opinioni di ogni genere in un caleidoscopio vivacissimo e sempre stimolante sotto il profilo intellettuale, umano e spirituale.

Un esempio del suo spirito curioso, indagatore, colto ed attento a esaminare con cura e profondità i temi nevralgici della cultura e del sentire contemporanei, fu un incontro sul tema della fede a cui partecipò anche Margherita Hack. Edi ascoltò attento tutti gli ospiti, rappresentanti di orientamenti e posizioni molto diverse, persone credenti e non credenti. La Hack espose le sue convinzioni con la consueta sincerità e schiettezza. Al termine del dibattito, Edi, come accadeva sempre, scambiò qualche parola con me. Ci teneva tanto a che “Vita Nuova” fosse sempre presente ai suoi incontri e ogni volta definiva il settimanale “il mio giornale”, con una nota di affetto e di premura. Mi piacquero molto le parole con cui commentò l’intervento della Hack: parole tenere, profondamente umane e dolci, che andavano al cuore della grande scienziata, della sua schietta umanità e simpatia. La definì una bambina che parlava delle cose dello spirito con tutta l’innocenza e il candore dell’infanzia. Lui non giudicava, non sezionava con faziosità le idee altrui per fare processi o critiche sterili e gratuite. Diceva la sua, di opinione, e sapeva anche affermare con serena convinzione le verità e la Verità in cui credeva. Ma sempre con calma, rispetto degli altri e semplicità.

Sei stato davvero un amico, Edi e ci mancherà la tua figura dal passo lento e solenne, tante volte intravista qua e là nella nostra Trieste, nelle vie affollate, in cui tu passavi con i tuoi abiti dimessi, un po’ da poeta e un po’ da filosofo, e la tua immancabile borsa da lavoro, sempre stracolma di appunti, scritti ed idee da inseguire e realizzare.

Un saluto di cuore, Edi, e stammi bene!

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