Il Sindaco Cosolini su Face Book si pavoneggia perché la giunta ha approvato l'istituzione dei registri delle Dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Niente di nuovo, solo uno stanco passato.

Ci volevano anche le DAT




La giunta comunale di Trieste ha deliberato l’istituzione del registro delle DAT, Dichiarazioni anticipate di trattamento. Il Sindaco Cosolini si è goduto sulla sua pagina Face Book l’immeritata pubblicità, ma ha poco di cui rallegrarsi oltre gli scarsi messaggi di compiacimento dei compiacenti. La giunta si è dimostrata vecchia. Perfino Pisapia a Milano è arrivato prima. Forse pensava così di porsi all’avanguardia ed invece ha fatto solo l’epigone delle stanche mode che seminano passato pensando di aprire le porte al futuro. Un dazio da pagare ai luoghi comuni più reiterati, ai principi vincenti del pensiero unico e delle corporazioni che lo promuovono. Un ossequio all’intellighenzia superpagata che pontifica dal pulpito di Repubblica. Il dazio da pagare per essere up-to-date, dare l’impressione di essere aggiornati e giovani in una città in cui la politica si disinteressa dei giovani. Si disinteressa anche di tante altre cose, a dire il vero, ma non delle DAT: non costano nulla, danno molta pubblicità, ottengono i compiacimenti dei compiacenti e – cavolo! – danno un messaggio forte alla popolazione: la giunta veglia sui cittadini, pensa anche a quando moriranno e dà anche a loro stessi il modo di pensare fin da ora a quando moriranno. Una giunta lungimirante, che mira in lungo, che pensa al domani, che collega tra loro le generazioni. I registri delle  DAT non hanno alcun valore legale? E cosa importa? Mica si fanno solo le cose con un valore legale. Bisogna fare le cose anche per motivi di principio, morali e perfino religiosi. Dato che in giunta ci sono anche dei cattolici dichiarati è molto probabile che le motivazioni religiose abbiano avuto la meglio anche sulle pur lodevoli e importanti motivazioni morali. Una cosa è certa: non per guadagnare voti, non per lisciare il pelo agli elettori, non per rinverdire un appeal un po’ sfibrato, non per distrarre l’attenzione su alcuni insuccessi. Niente di tutto questo: solo per principio. In giunta sono persone d’onore. Gli amministratori, infatti, devono essere guide  della comunità. Perché è giusto che uno decida ora come morire. Non può sapere quando né perché, ma almeno il come deve saperlo. E non importa se poi cambierà idea, se giunto al fatidico momento chiederebbe invece di essere adeguatamente curato. Quello che ha scritto ha scritto: infermiera, stacchi la spina!. In Belgio hanno approvato l’eutanasia per i bambini? Ma qui non si tratta di eutanasia. E nemmeno di mens eutanasica. Si tratta di civiltà, cari triestini, di ci-vil-tà! Perché la via è mia e decido io. E qui va a farsi benedire la vita, perché se è mia ha ben poco valore dati i miei limiti e se decido io su di essa stiamo freschi… Il rapporto medico-paziente? Cose vecchie. Eppoi, diciamoci la verità, vogliamo mica tornare al Medioevo no? C’è il progresso, cari miei. Oggi si possono avere figli ordinandoli su internet, si può essere mamma senza essere donna, si può avere sei genitori in un colpo solo … volete che ci teniamo un comune che ha solo i registri delle nascite, dei matrimoni  e delle morti? Vale la pena tralasciare ancora un po’ i meschini problemi di una città demoralizzata per dare spazio a queste battaglie di civiltà e di avanguardia. Grazie, giunta, per averci dat finalmente le DAT: i triestini non ne potevano più di stare senza e da domani inizia un’epoca radiosa per tutti noi.

LEGGI SU VITA NUOVA DI VENERDI’ 21 FEBBRAIO L’EDITORIALE “LA GIUNTA DELLE DAT”

 

20 risposte a “Ci volevano anche le DAT”

  1. Paolo Bonivento ha detto:

    Egr. sig. Fontana, noto dalle sue parole il bieco talebanesimo di chi si arroga il diritto di giudicare. Le ricordo che quando eravamo ragazzini, a catechismo, ci hanno spiegato che corrispondeva al “peccato di arroganza”. Forse un po’ di ripasso ci starebbe bene.

    Beato lei che ha libertà di giudicare. Ma non ricordo facesse parte delle Beatitudini.

    • Stefano Fontana ha detto:

      La ragione è la facoltà di giudicare. Chiunque usa la ragione dà un giudizio. Come per esempio ha fatto lei a proposito del mio articolo. Oltre alla ragione, il credente ha ancdhe la rivelazione e gli insegnamenti della Chiesa. Se tutto ciò non gli serve a giudicare situazioni e fatti a cosa gli serve? Non si giudicano le persone, ma le politiche sì.

      • Alberto Custerlina ha detto:

        Veramente, signor Fontana, un credente ha, in primis, la rivelazione e gli insegnamenti di Gesù Cristo, con cui la Chiesa Cattolica Romana ha poco a che vedere. Saluti.

        • Stefano Fontana ha detto:

          Non c’è Cristo senza Chiesa. Cristo si incontra normalmente nella Chiesa. Poi Lui si fa trovare anche in altri modi che la nostra pochezza non sa intravvedere e la sua onnipotenza e misericordia sa inventare, ma prima di tutto lo si incontra nella Chiesa. Nonostante Essa sia fatta di peccatori. C’è la Chiesa come mistero, che è santa e senza macchia perché è la Sposa di Cristo, e c’è la Chiesa fatta di uomini peccatori.

  2. enrico ha detto:

    Ma cosa sta dicendo???
    Ognuno ha le sue idee, non mi pare che la giunta abbia approvato un documento che vieta alle persone di avere le proprie idee.
    Ma approvare il DAT, se, come dice lei, è una cosa vecchia, ben venga che FINALMENTE lo abbiano fatto!
    Non se ne può più di tanta meschina stupidità, mi creda, non andate da nessuna parte continuando a chiudervi gli occhi…

    • Stefano Fontana ha detto:

      Personalmente non voglio andare da nessuna parte. Mi interessa solo dire come, secondo ragione e secondo la fede cui indegnamente sono legato, stanno le cose. Fatto questo ho fatto il mio dovere.

      • Silvio Brachetta ha detto:

        Le priorità dei governi, delle giunte, dei parlamenti sono evidenti e nulla hanno a che fare con la realtà sociale e personale, fatta di esigenze legate allo studio, al lavoro, alla vita. I sotterfugi legati alle DAT o all’eutanasia (anche infantile) o all’imposizione di cocktail sociosessuali, sono tra il patetico e il buffo.
        Sono questi, succitati, giudizi sintetici, ma non a priori, ché sarebbero pregiudizi. Sono invece giudizi a posteriori, cioè dopo la constatazione del fallimento politico nazionale e internazionale, che avrebbe voluto un mondo di giustizia e che invece ha prodotto una civiltà di frustrati, di ricchissimi, di poverissimi, di suicidi, di disperati.
        Pretendere poi il silenzio del cristiano sull’andazzo anticristiano del mondo e della propria città sarebbe puerile, nonché – francamente – una perdita di tempo.

  3. Sara ha detto:

    VEDERE LE COSE E DENUNCIARLE SE SBAGLIATE FORSE AL CATEKISMO NON SI INSEGNA MA COME TUTTA LA NS.FEDE E’ UNA QUESTIONE DI COSCIENZA,PEGGIORI SONO IL RISPETTO UMANO ,L’IPOCRISIA O DIRE NI INVECE DI NO FACENDOCI UNA COSCIENZA SU MISURA A SECONDA DI COSA MI CONVIENE……..

    • Omar ha detto:

      Gran bel pezzo per brillantezza e spirito critico. Complimenti al Direttore. Stavo per commentarlo appositamente quando vedo che il Sindaco di tutti (il Sindaco rappresenta tutti no?) su FaceBook ha definito questo articolo nientemeno che “rozzo, intriso di intolleranza e mancanza di rispetto verso la laicità delle Istituzioni civili” (forse che per essere laici oggi bisogna per forza ammazzare o far ammazzare qualcuno? ohibò, pare di capire di sì). Aggiungendo pure che “non merita risposta” e ritenendolo da ultimo ancora “rozzo e offensivo”.
      Ellalà, alla faccia, direbbe Totò! E meno male che è solamente un articolo, e se erano due che faceva, mandava direttamente la polizia???

  4. claudia herrath ha detto:

    Quando guardavo le persone che andavano a firmare la loro fine, mi son chiesta se fossero consapevoli di quello che stavano facendo, o se erano vittime di un’istigazione mentale. Ebbene, penso che quelle persone non sanno che quando si sta male veramente e si sta inermi in una stanza di ospedale c’è una cosa sola che si spera ardentemente, di essere curati, di essere salvati, non ammmazzati. Questo mi convince che quelle persone che hanno firmato andrebbero informate su quanti che sono in coma e poi si salvano, ma se avessero firmato non ci sarebbero più. E allora?

    • Sergio ha detto:

      Bravo sig. Stefano Fontana ha tutto il mio appoggio, dobbiamo smetterla di sostituirci a Dio in tutto e per tutto, possibile che non ce ne rendiamo conto che la nostra crisi; a Trieste come in Italia, Europa e nel resto del Mondo, dipende dal fatto che abbiamo escluso Dio dalla nostra vita?!? cordiali saluti a tutti.

      • Donatella ha detto:

        Complimenti dott. Fontana per il coraggio, la lucidità e non ultima l’educazione dimostrata. Concordo totalmente con lei. La vita e la morte non ci appartengono sono “prerogative” esclusive di DIO. Il dolore spesso è scuola di maturazione, di crescita proprio nel capire la serietà e la bellezza della vita e se difendere la Vita in tutte le sue fasi significa essere intolleranti rozzi ecc… ok ci sono anch’io. Grazie ancora

  5. claudia herrath ha detto:

    Caro Direttore,sono pienamente d’accordo con lei.L’unico che puo’ decidere della nostra vita è Dio.Affidiamoci solo a Lui, è Lui che decidera’.Intanto viviamo felici e sopratutto liberi da briglie mentali.Mi chiedo cosa porta delle persone sane e ancora giovani a prendere certe decisioni. Mettono la firma sulla loro paura.Questo penso condizionera’ loro la vita.I politici dovrebbero pensare alla vita delle persone, non alla loro morte.Non ha senso.

  6. fulvia ha detto:

    Ho apprezzato l’articolo del direttore di Vita N e lo condivido soprattutto per l’amarezza di fondo che c’è dietro l’ironia. “Trieste Trieste…” direbbe oggi Gesù guardandoci sconsolato: purtroppo la moda della “cultura della morte” contagia anche quelli che si credono dei bravi cristiani e che considerano le DAT un sacrosanto diritto( non appartiene più a Dio la nostra vita ma solo a noi stessi!!!)E’ ovvio che poi anche l’eutanasia sarà un sacrosanto diritto: piano piano Berlicche ci cucina tutti ( NO, NON TUTTI: chi è veramente in comunione con Cristo non ci casca di sicuro)
    Bravo dott. Fontana, non demorda: per scuotere bisogna gridare la Verità dai tetti e oggi abbiamo bisogno di svegliarci tutti perché siamo ottenebrati dalle mode!
    Complimenti
    Fulvia Vatta

  7. Donatella ha detto:

    Giá Claudia. Inoltre direi che i DAT sono un modo per sfuggire le difficoltá e preparano delle generazioni senza “spina dorsale” impostando una visuale della vita frivola edonista. Poi sul delicatissimo tema del dolore ci vuole ben altro, altro che DAT. Insegnate prima ai ns. giovani e ben vivere e impareranno a ben morire.

    • Carmelo Grassadonio ha detto:

      Condivido lo sgomento del direttore, ma penso anche che non ci sia molto da commentare. Ieri, per un singolare sincronicità, abbiamo visto il “confronto” in streaming tra Renzi e Grillo. Si è assistito alla trasformazione di quello che doveva essere uno spazio argomentativo – per di più pubblico – nel totale annichilimento di ogni scambio argomentativo. Per dirla con il filosofo Mac Luhan qui la legittimità della comunicazione non è più data “dal contenuto di verità dell’argomentazione, ma dal potere di convincimento del mezzo di comunicazione in sè, che per il solo porsi può trasformare qualsiasi falsità in una verità assoluta trescendente qialsiasi evidenza empirica”. Trovo una singolare analogia con l’uscita della giunta sulle DAT: è puro marketing comunicativo. Qui siamo (forse) oltre la “società dell’immagine” di cui aveva parlato Martin Heidegger. Siamo nella società puramente mediatica, sganciata da ogni possibilità di verifica dei contenuti della comunicazione. Sul tema specifico, enorme, del fine vita, gradirei sinceramente un confronto anche con chi la pensa diversamente da me in una cornice dove i dati di realtà, lo stato dell’arte della conoscenza scientifica e il quadro etico di riferimento siano il contenuto del dialogo. Solo così (forse) si potrebbero trovare linee di convergenza.

  8. claudia herrath ha detto:

    Infatti Donatella, oltre la visione edonistica e frivola dei giovani, impera anche la cultura dello scarto, per cui le Dat divengono l’esito finale.Sei anziano?Ci sono le case di riposo,non piu’ la famiglia.Sei malato?Non servi piu’ ,diventi un peso,meglio pensare alla rinuncia alla vita.Non è la trama di un film orror,,a la realta’ in cui siamo costretti a vivere,e che dobbiamo assolutamente cambiare.

  9. Donatella ha detto:

    Già Claudia:) risorse umane, potenziale umano,capitale umano, surplus…,genitore A B C D… 1 2 3 4 5 6 …e poi zac con le DAT Eutanasia, magari facciamo anche saponette e “viva la po bon” l’Inferno è arrivato!!!.

  10. Giuseppe Brienza ha detto:

    Gentile prof. Fontana,
    come cittadino e come giurista condivido pienamente il suo editoriale su “Vita Nuova” contro la delibera della giunta comunale di Trieste che istituisce il registro delle “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” (DAT). Si tratta infatti, a mio avviso, di una ulteriore iniziativa impropria per un ente locale, esclusivamente diretta a fini politici nazionali per premere sull’introduzione dell’eutanasia. Il vero problema delle DAT è un problema etico che si nasconde dietro ad uno linguistico. Infatti, la difficoltà principale che si riscontra nei dibattiti e nelle riflessioni sulle “Dichiarazioni anticipate di trattamento” e sulla stessa eutanasia è l’ambiguità terminologica. Il primo punto oscuro che si rileva da tutte le proposte recenti e meno recenti sulle DAT, compresa quella triestina, riguarda l’elemento di volontarietà della richiesta. Infatti, l’abbandono terapeutico del non consenziente esulerebbe dall’ambito in questione perché scavalcherebbe completamente la corretta relazione fra medico e paziente. Se ha espresso, in precedenza, la volontà di morire in simili circostanze, il problema si considera risolto, equiparando il consenso anticipato al consenso attuale. E tuttavia, è noto che sussistono larghi margini di incertezza nell’interpretazione di tale volontà presunta. Mancando l’attualità della richiesta, è inevitabile che permangano dubbi sui reali desideri del paziente in quel momento, attualità che – d’altra parte – mancava all’epoca della redazione del testamento rispetto alle condizioni cliniche descritte. È la stessa pratica clinica a evidenziare quanto possa mutare l’approccio del paziente al dolore, alla malattia e alla morte con l’evolvere dello stato patologico. Né il problema si può risolvere più facilmente attraverso la nomina di un tutore, dal momento che neppure tale figura può sostituire la volontà attuale del paziente. Ma la questione di fondo è precisamente se la volontà del paziente possa realmente – o debba – controllare eventi speciali come l’inizio e la fine dell’esistenza, per natura sottratti al dominio dell’uomo che, come ogni altro essere vivente, tende instancabilmente alla vita ma è inevitabilmente destinato alla morte.
    La ringrazio, anche a nome del Centro culturale “Fides et Ratio-Amici del Timone” del quale sono responsabile, per l’attenzione con la lei e “Vita Nuova” segue le questioni sempre più delicate e pressanti della “biopolitica”.
    Giuseppe Brienza

  11. claudia herrath ha detto:

    Infatti il concetto che rende nulla ogni dichiarazione è che nessuno, anche se oggi firma, è in grado di sapere quello che sentirà nel momento in cui dovrebbe essere gravemente ammalato. Prendere queste decisioni da sani è una cosa, un’altra è decidere per se stessi nei momenti della malattia. Ho avuto modo di vedere in ospedale persone gravemente ammalate, anche allo stadio terminale, ma esprimevano sempre la volontà di essere curati ed assistiti. E’ l’istinto di sopravvivere, che è naturale nell’essre umano. Assecondare invece l’autodistruzione di se stessi va proprio contro l’amore per la vita che è pilastro essenziale nell’esistenza di ogni essere umano, innescando in quelle persone che prendono tali decisioni una forma di pessimismo rassegnato che li accompagnerà lungo tutta la vita condizionandola. Non è una decisione spostata nel tempo, ma si inizia a morire prima.

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