C’è chi lancia l’”allarme Putin” ma la verità è che non gli piace Trump




Il Corriere della Sera dà grande spazio ai suoi editorialisti di punta giustamente turbati dalla ondata di arresti in Russia durante le manifestazioni contro il governo. Niente di paragonabile a quanto accaduto in Turchia con la repressione scatenata da Erdogan, naturalmente, Turchia che a differenza delle sanzioni contro Mosca paghiamo per fare la guardia ai migranti, ma dagli editoriali del Corriere emerge un fortissimo timore verso Putin, la sua spregiudicatezza, tanto da  prefigurare addirittura la censura per la libera stampa occidentale se un domani i partiti europei filorussi dovessero vincere le elezioni.

Fantapolitica a parte, in realtà dietro la paura di Putin c’è quella di Trump, un fenomeno politico, come Brexit, che i grandi giornali compresi quelli italiani hanno ignorato e deformato almeno fino a quando non sono stati smentiti dai fatti. E dunque, colpa di Trump se l’Europa divisa finirà ghermita da Putin, perché il Don preferisce i rapporti bilaterali tra le nazioni al multilateralismo, il fossile alle rinnovabili, America First ai più rassicuranti valori dell’universalismo democratico, valori che la vecchia Europa ha sempre detto di condividere con gli USA, salvo poi affidarsi agli americani per fare la guardia alla polveriera.

Il Corriere arriva a scrivere che ormai, per i paesi Ue, sarà difficile immaginare di poter “accettare la nuova leadership americana”, anche se non si capisce il motivo per cui noi europei dovremmo rinunciare alle relazioni transatlantiche, magari proprio a favore di Putin, solo perché il Don non sta simpatico a qualcuno. Il problema se mai è un altro, che le classi dirigenti europee, grande stampa compresa, fino adesso neppure ci hanno provato a rimodulare i rapporti con il nuovo inquilino della Casa Bianca. Quando c’era Renzi i giornaloni raccontarono in modo epico la cena di Matteo con Obama; durante le elezioni americane fioccarono gli endorsement, compreso quello dell’attuale premier e allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, per la candidata democratica Hillary Clinton. Quella cena non servì a Renzi per vincere il referendum, e anche Hillary è stata sconfitta.

In Libia, tanto per fare un esempio legato alla nostra sicurezza nazionale, continuiamo a seguire una linea dettata dall’agenda obamiana, appoggiando il debole ‘governo’ Sarraj. E la nostra stampa, spiazzata, si lecca ancora la sua ferita credibilità, continuando a leggere la realtà con lenti, ormai appannate, della Guerra Fredda, come se l’Unione Sovietica non fosse mai finita e il Muro di Berlino ancora lì al suo posto. Intanto, però, in Medio Oriente, USA e Russia combattono `insieme` il jihadismo, come hanno fatto altre volte nel corso della storia recente. E da lì conviene ripartire.

di Roberto Santoro

Fonte: https://www.loccidentale.it

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