Biotestamento, se passa la legge è eutanasia anche negli ospedali cattolici (senza obiezione di coscienza)




E’ curioso che tanti laici si aggrappino alle parole del Papa per tentare di legittimare la legge sul biotestamento in discussione adesso al Senato (fino ad arrivare a pezzi come quello di Andrea Tornielli intitolato “Il Papa rilancia la legge sul fine vita”) . Ne siamo lieti se questo significa abbandonare quel laicismo che vorrebbe la fede al di fuori dello spazio pubblico, ben chiusa nelle coscienze e nel privato. E’ netta però l’impressione che certi entusiasmi per Papa Francesco siano strumentali e dettati da puro opportunismo. La lettera del Pontefice in cui si parla del fine vita è esattamente il contrario della legge che si vorrebbe approvare a fine legislatura, e trasformare il Papa in un fautore del testo firmato Pd-5stelle è veramente un po’ troppo, anche per chi alle forzature della stampa e della politica è abituato. Il Papa, infatti, ricordando ancora una volta il magistero della Chiesa, ha sostanzialmente ribadito il suo no all’eutanasia e all’accanimento terapeutico. Ma di questo non c’è traccia nella legge in discussione al Senato, che è invece eutanasica e non contrasta l’accanimento terapeutico, come è evidente a chiunque la esamini senza pregiudizi.
Il testo di legge n. 2801, infatti, è costruito intorno al concetto di autodeterminazione della persona che esprime il proprio consenso, come si può vedere fin dal titolo, in cui si è voluto parlare di “disposizioni” anticipate di trattamento (DAT), e non di “dichiarazioni”. Il Papa ricorda che le decisioni debbono essere prese dal paziente capace e competente, cioè in grado di esprimere il proprio consenso, mentre “autodeterminazione” oramai significa molto di più e molto altro, cioè attuare le volontà espresse sempre e comunque, a prescindere dalle relazioni con il medico e con i propri cari. Una parola diventata oramai un feticcio, tanto che per la legge attualmente in Senato le DAT si scrivono “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi”, il che non chiarisce niente riguardo la capacità o meno di dare il proprio consenso.
Una persona in stato di minima coscienza è capace di autodeterminarsi? E una persona con l’Alzheimer fino a che punto lo è? E, soprattutto, chi lo decide, chi stabilisce in quale momento lo diventi, e quindi in quale momento si possano applicare le DAT? Non solo: non è necessario che le DAT siano controfirmate da un medico, ma è sufficiente depositarle (vediamo dopo dove) con un atto pubblico, cioè accertandosi che la firma sia quella della persona che le ha scritte. In altre parole, una persona può scrivere un testo valido in totale autonomia, per esempio in stato di ubriachezza, e non deve dimostrare di aver interpellato un medico prima, e quindi di essere consapevole, informata, appunto (non si tratta di un consenso informato?). Basta autenticare la firma. Volontà così scritte sono considerate assolutamente vincolanti. Per motivi misteriosi, il parlamento ha invece stabilito che il medico e due testimoni servono invece per recedere dalle DAT in caso di urgenza, cioè se si cambia idea improvvisamente!
Può consolare l’idea che DAT così scritte non sarà mai possibile applicarle, perché allo stato attuale nel testo di legge non solo non è previsto nessun registro nazionale che le raccolga, ma non è neppure previsto come sapere se un malato ha scritto le DAT, e dove siano state depositate. Eppure è evidente che se c’è bisogno delle DAT vuol dire che il malato non è in grado di dare il proprio consenso, cioè probabilmente è in stato di confusione o incoscienza, e quindi non è possibile interpellarlo per sapere se le ha fatte. D’altra parte se fosse cosciente darebbe il suo consenso, e non ci sarebbe bisogno delle DAT. Per come è scritta la legge non può venire in aiuto neppure il fiduciario, perché il suo nome è scritto nelle DAT ma se in ospedale non si sa se ci sono e dove sono, l’identità del suddetto fiduciario resterà per sempre un mistero. Le DAT, se esistono, potrebbero essere nel comune di residenza, se è stato istituito un registro, oppure presso le strutture sanitarie, se attrezzate dal punto di vista informatico, o anche altrove. Ma a livello nazionale non c’è rete informatica che le raccolga, per cui è vietato ammalarsi al di fuori del comune di residenza, se si vuole conservare qualche speranza di recuperarle in qualche modo.
Vogliamo davvero credere, insieme a tutti quelli che hanno strumentalizzato il Papa, che con il suo richiamo al catechismo abbia voluto approvare tutto questo? E andiamo avanti.
L’astensione dai trattamenti “inutili e sproporzionati” – cioè il no all’accanimento terapeutico sottolineato con forza dal Papa – è previsto solamente “con prognosi infausta a breve termine o di imminenza della morte” (art.2, comma 2). Il no all’accanimento era invece ben specificato nella legge che il centrodestra tentò di approvare dopo il caso Englaro, e che fu insabbiata dal governo Monti a un passo dall’approvazione definitiva. In quella legge si diceva no all’eutanasia e no all’accanimento, ma anche no all’abbandono terapeutico; inoltre si lasciava al medico la libertà deontologica e professionale che con il testo attuale (che non prevede il diritto all’obiezione di coscienza) gli è impedita, con il risultato che negli ospedali cattolici, compresi quelli pediatrici, si potrebbe chiedere di far morire un paziente sospendendo idratazione e alimentazione, e nessuno potrebbe rifiutarsi. No all’obiezione di coscienza, dunque, e la possibilità di rifiutare o interrompere alimentazione e idratazione artificiale è ribadita con chiarezza ( la “via italiana all’eutanasia” l’ha definita Maria Antonietta Coscioni), mentre il Papa ha pronunciato un vigoroso no a pratiche di tipo eutanasico, e più volte, in altre occasioni, ha difeso l’obiezione di coscienza. Potremmo continuare a lungo, diventando molto noiosi.
La verità è che si è arrivati a stravolgere una semplice lettera di saluto del Papa ai partecipanti a un convegno per approvare una pessima legge, capace solo di creare nuovi problemi, nel tentativo di ricostruire una qualche unità a sinistra. Uno schieramento – è proprio il caso di dirlo – con prognosi infausta a breve termine.
di Eugenia Roccella
Fonte: https://www.loccidentale.it

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