“Arcipelago dei sentimenti”




Un arcipelago è un gruppo di isole circondate dal mare e separate dalla terra. Su di esse il vento soffia sempre un alito salmastro che racchiude l’odore indefinibile dell’acqua, il tocco pungente del sale, la freschezza acre delle piante marine e l’eterea fragranza dei pesci d’argento. Scegliere l’immagine dell’arcipelago per narrare la propria vita più intima è già un’indicazione di senso, di valore, di aspettativa.

Il titolo “Arcipelago dei sentimenti”, silloge di poesie in lingua e in dialetto di Narciso Fumo, evoca sin dalle prime righe una nascosta speranza che la parola poetica, più che dire cose già esistenti, faccia essere, con lo splendore fresco dell’aurora, le essenze preziose dell’esistere. Un esistere spogliato dalle forme abituali, denudato con mano gentile e sapiente dai panni pesanti che lo nascondono o lo deformano, così da liberare qualcosa che prima non si sapeva e che ora, grazie alla parola poetica che dice e insieme crea, viene spontaneamente all’essere in tutto il suo intatto splendore.

Come tante isole che sembrano ondeggiare leggere sull’acqua, le poesie di questo, fino ad ora ignoto, poeta oscillano sul mare oscuro della vita e a tratti brillano di una luce rivelatrice che rende anche gli “attimi fuggenti” più che degni di essere vissuti.

Narciso Fumo, nato a Trieste nel 1941 da madre greca e papà friulano e morto, sempre a Trieste, l’8 febbraio 2012, non ha mai pubblicato nulla in vita, ma ha sempre scritto poesie, nel nascondimento e nel silenzio, quasi a cercare nel dettato lirico quelle risposte che neppure la sua laurea in filosofia morale e le lezioni quotidiane, sempre di filosofia, nei licei cittadini riuscivano a dargli. Per volontà dei suoi famigliari, dopo la sua morte, le poesie sono state pubblicate secondo l’ordine predisposto dallo stesso autore prima di morire. Le liriche infatti sono divise in sezioni secondo il motivo ispiratore: gli affetti, per i genitori, i figli, la moglie e una splendida gatta nera la cui pupilla «cangia dall’oro fino allo smeraldo» e il cui manto «a volte, il colore ha delle viole, / e riflessi marrone sul pelame»; il paesaggio, contemplato e “respirato” durante le sue passeggiare carsiche e montane, nel mutare delle stagioni, nel passaggio dall’estate all’autunno che dalle rive baciate dall’ultimo sole ascende con le sue nebbie sulle alture dove «sarà guerra / tra le antiche querce / i castagni / i neri carpini / i terebinti / i pini marittimi, / che non possono urlare / l’agonia / di mille trafitture»; e infine, per la sezione in lingua, la fede, nutrita anche dalla sua «parte d’anima semita» che «ama i proverbi», cioè l’essenzialità, il nocciolo semplice e pur duro del vero amore-carità, del piccolo gesto guidato da sapienza e fortezza. I Proverbi amati «perche sono brevi. / Briciole di pane, / sorsate d’acqua, / mescolate al vino della gioia, / per chi percorre / l’erta gravosa / dell’esser-Ci».

Nel mare magnum delle pubblicazioni liriche della nostra città, la raccolta “Arcipelago dei sentimenti” è davvero un arcipelago da esplorare e ascoltare, guidati da una parola che è veramente suono dell’essere, sorpresa, novità, soprassalto del cuore: le strofe si snodano leggere e sinuose come collane di piccole gemme ben levigate, le parole non sono mai prevedibili, ma sempre ci colgono di sorpresa perché, da autentiche parole poetiche, non nascono da una ricerca razionale o intellettuale, né da una volontà descrittiva o facilmente evocativa. Esse sono ciò che dicono, o meglio, fanno essere ciò che nominano, quindi creano e per questo ci stupiscono. Vero poeta, Narciso Fumo, forse anche per l’influenza dell’anima greca della madre. Un’anima fatta appunto di arcipelaghi assolati e azzurri su cui di notte il vento canta ancora le antiche gesta degli dei e degli eroi.

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