A Barbana gli Esuli erano almeno il doppio di quanto previsto dai giornali. Momenti toccanti, preghiera, ricordi, perdono. La celebrazione dell'Arcivescovo Oscar Rizzato e l'orazione di Lucia Bellaspiga

“Abbiamo perdonato, ma abbiamo il sacrosanto diritto di ricordare”. Il Giubileo degli esuli istro-dalmati all’isola di Barbana




(foto di Umberto Lupi)

25 aprile 2016, isola di Barbana. Una cornice primaverile, quasi imprevista meteorologicamente parlando, è stata adeguata rifinitura di una giornata speciale, fatta di momenti speciali, improntati al buono; di quelli che, nonostante la commozione per ricordi incancellabili, riescono a farti sentire l’animo leggero. E’ stata la giornata della celebrazione del Primo Giubileo dei Giuliano Dalmati, conseguente alla pronta adesione, da parte di tutte le associazioni degli esuli istro-dalmati-quarnerini, alla proposta ricevuta dai Frati Minori di Barbana: “di convenire, nel Giubileo della Misericordia, sull’isola che guarda alla struggente terra dei vostri natali. Il vostro popolo dal volto nobile e generoso 70 anni fa ha abbracciato la croce del martirio ma non ha rinunciato a essere cristiano oltreché italiano! Oggi siete invitati dalla Storia e dalla fede dei padri a compiere gesti di misericordia, cioè alla riconciliazione e al perdono”.

Un appuntamento che, come fra l’altro riassunto nel suo discorso, dal presidente di FederEsuli Antonio Ballarin, riunisce nella celebrazione di Barbana la festa di San Marco, protettore delle genti istro-dalmate e il processo di beatificazione del polesano Venerabile Egidio Bullesi, sepolto nell’isola.
Numerosissimi e puntuali i convenuti, che di prima mattina si sono presentati a Grado per l’imbarco verso Barbana, arrivati un po’ da ogni dove (addirittura dal Sudafrica). Molteplici di conseguenza le corse dei traghetti che si sono rese necessarie per poterli trasportare tutti. Le previsioni mediatiche del giorno prima ipotizzavano 300 pellegrini, ma ad attraversare la Porta Santa del Santuario della Madonna di Barbana, lunedì sono stati sicuramente più del doppio. Gremitissima infatti la chiesa, dove si è svolta la celebrazione presieduta dall’Arcivescovo Oscar Rizzato – già elemosiniere di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI – inviato dal Vaticano, che, dopo aver ricordato il passo del Vangelo “amatevi come io ho amato voi”, ha sottolineato che “Le situazioni peggiori, quelle che noi non comprendiamo, sono parte di quel mistero che contribuisce alla nostra salvezza; dunque oggi accogliamola seguendo l’esempio del sì di Maria”.

Di particolare suggestione nel corso del rito l’accompagnamento musicale ed il coro dell’Associazione delle Comunità Istriane. Attesissimo, come sempre, l’intervento di Lucia Bellaspiga, la ben nota inviata del quotidiano Avvenire, scrittrice, lei stessa esule di seconda generazione. Un vissuto quello dell’esodo, appreso in famiglia e ricordato in apertura della sua orazione “I miei Ulisse e i miei Enea, lontani da casa e con lo struggimento sempre nel cuore, io li avevo in famiglia, non occorreva cercarli nei libri. Erano genitori e nonni, amici e parenti, e parlavano di mondi lontani eppure tanto vicini, di tesori perduti che non erano forzieri carichi di ricchezze, ma valevano molto di più, perché erano il colore del Quarnaro, il profumo della bora, il candore dell’Arena, il sapore degli asparagi selvatici, le merende in Bosco Siana, le parole del dialetto… le cose semplici, e insostituibili, che costituiscono la vita di un uomo. uell’insieme di emozioni ed esperienze i cui racconti immancabilmente iniziavano con un e ti te ricordi?”.

Rievocati i sofferti passaggi di quel forzato doloroso distacco, le sofferenze affrontate e i traguardi a cui il popolo dell’esodo seppe guardare e raggiungere, Bellaspiga ne ha evidenziato l’anima profondamente religiosa “insieme alla forza civile oltre che morale dei suoi sacerdoti: spesso furono loro a prendere la guida e condurre intere comunità verso una nuova terra promessa. Molte famiglie mi hanno raccontato di essersi fermate in un paese o nell’altro solo per aver seguito il parroco, partito come loro esule ma da subito consapevole di essere un pastore con la responsabilità del gregge. (…) Indimenticabili – uno tra tutti padre Flaminio Rocchi – per aver difeso fin quasi ai nostri giorni l’identità del nostro popolo sempre a rischio di estinzione. Hanno predicato il perdono ma preteso la giustizia, raccomandato la pace ma rifiutato l’oblio”.

Ricordata la figura dell’arcivescovo Antonio Santin, che “si batté come un leone per la dignità di ogni uomo e contro l’arroganza di tutti i potenti. Forte con i forti e tenero con i deboli (…) ” Antonio Santin, autore della preghiera che si recita sull’orlo della foiba fu, fra l’altro, anche padre spirituale e primo promotore della causa di beatificazione del terziario francescano Egidio Bullesi.
Dopo aver rivolto un ricordo commosso e riverente alle figure martiri religiose e laiche del tragico periodo delle foibe, Lucia Bellaspiga ha scelto di concludere la sua orazione celebrativa, dai picchi di alta emozione, con le parole del testamento spirituale di don Cornelio Stefani, esule da Zara:  “Il nostro paradiso si trasformò in un inferno. Non abbiamo mai ricambiato odio con odio, non esiste altra alternativa al perdono e alla pacifica convivenza. Noi dunque abbiamo perdonato, ma abbiamo il sacrosanto diritto di ricordare”. Inevitabile dopo il suo intervento un dilagare di occhi lucidi fra gli applausi di una più che sentita spontanea standing ovation.
Come detto in apertura, l’appuntamento di Barbana, oltre che nel contesto religioso, è stato un insieme di tanti momenti speciali, di un incontro all’insegna dei buoni sentimenti e dei buoni propositi, occasione per ritrovarsi fra amici o di conoscerne di nuovi, opportunità per momenti di ampio convivio per un pranzo collettivo nella “mensa del pellegrino”. Oggetto di particolare riguardo ed affetto sono stati i genitori di Lucia Bellaspiga: Leonardo, il gagliardo ingegnere 92enne, in partenza per Cattaro, per la vernice della mostra dei suoi splendidi disegni in china, dedicati a paesaggi, città e monumenti dell’Adriatico orientale; e Carmen, protagonista del momento specialissimo per la sorpresa finale a lei riservata. Proprio il 25 aprile infatti era la data del suo novantesimo compleanno: torta e brindisi di rito, affettuosi voti augurali, il coro delle Comunità Istriane e le canzoni di Pola, dove Carmen è nata e vissuta fino all’esodo … e di nuovo non son mancati i lucciconi.

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