A luglio cantando “Luglio”




“Luglio ha ritrovato il sole, non ho più freddo al cuore perché tu sei con me”

Ancora adesso si sente sovente canticchiare: «Luglio, col bene che ti voglio vedrai non finirà. Luglio, m’ha fatto una promessa, l’amore porterà». Questa canzone, “Luglio”, che vinse la Mostra internazionale di Venezia di musica leggera e “Un disco per l’estate” del 1968 è stata cantata da Riccardo Del Turco e l’ha reso, se così si può dire, “immortale”. Del Turco in realtà ha scritto molte altre canzoni anche per personaggi come Mina, Patty Pravo, Riccardo Fogli, Ornella Vanoni,ecc. È stato anche co-autore, con il cognato Sergio Endrigo, della musica del brano: “Nelle mie notti”.
La carriera di Riccardo Del Turco era iniziata a metà degli anni ’50, ma furono i ruggenti anni ’60 a decretare però la fama del cantautore toscano nativo di Fiesole con brani come: “Dimmi se vuoi” (presentata al “Disco per l’estate” del 1964), “Parla di te” (scritta con Gino Paoli), “Le cose che non ci diciamo” del 1962.
Quei fatidici anni ’60, anche nella musica leggera, proponevano quei cambiamenti degli stili di vita, di costume che avrebbero portato alla contestazione giovanile del ’68 ed anche le canzoni di Del Turco riflettevano in parte quel cambiamento, basti pensare alla suadente ed ammiccante proposta cripto-sexy contenuta nel brano: “Cosa hai messo nel caffè?” presentato al Festival di Sanremo del 1970 (in coppia con Antoine): «Cosa hai messo nel caffè che ho bevuto su da te? C’è qualche cosa di diverso adesso in me; se c’è un veleno morirò ma sarà dolce accanto a te, perché l’amore che non c’era adesso c’è». Ai temi classici dell’amore romantico tra un uomo e una donna cantati melodicamente, iniziavano a subentrare nuovi ritmi, nuovi look legati alle mode e alla liberazione sessuale che rappresentavano. Un brano che sembrerebbe in controtendenza rispetto ai turbolenti e ribelli aspetti di quegli anni, “Uno tranquillo” del 1967, rivela in fondo il relativismo che permane dopo le cocenti illusioni. Riccardo Del Turco non solo ha dovuto, magari suo malgrado, fare i conti con una rivoluzione che forse ha tradito le aspettative, ma anche ha dovuto patire lo scotto che quella presunta “liberazione sessuale” proponeva. Il brano “Serena alienazione” del 1984 non solo riflette il dramma della separazione dalla prima moglie ma pure lo smarrimento e la confusione della disillusione e dell’amarezza.
Cantando si impara con Riccardo Del Turco a vivere con umile leggerezza, lasciandosi trasportare dalla gioia dell’amore, magari in una afosa estate. Cantando si impara a mettersi un po’ da parte ed a guardare il mondo dello spettacolo e del successo commerciale facendo un serio esame di coscienza, come in parte espresso nella canzone “Uno, nessuno” del 1972: «Uno, sono uno, eppur ce ne son tanti come me (…). Lavo le mie mani, che sanno di lavoro e onestà (…) fra le formiche che si vedono dal cielo, in una via, ci sono anch’io e mi ricordo che ero un bambino innamorato del fischio di un treno, quando l’azzurro non era veleno (…)». Riccardo Del Turco rappresenta quella generazione dei “figli della guerra” che hanno visto il ’68 nella loro giovinezza e che hanno ritrovato l’umile origine di “figli della terra”, finendo per coltivare ortaggi, olio e vino nelle sue amate colline toscane.

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